Ristoranti vs sagre, lo scontro sul filo del Covid-19

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Lo si può definire un effetto collaterale del Coronavirus: scoppia la guerra fra ristoratori e organizzatori di sagre in Veneto. Il teatro è la provincia di Padova. Ad accendere la miccia una lettera mandata dall’Appe, associazione padovana pubblici esercizi, a tutti i sindaci dei comuni della provincia. Un testo dove si chiede apertamente la chiusura di tutte le manifestazioni e le sagre per il 2020. Ma ecco cosa ha detto al Mattino di Padova Filippo Segato, segretario Appe. «Con i primi segnali, incoraggianti, di miglioramento della situazione sanitaria che per altro sembrano purtroppo smentiti dall’evoluzione di questi ultimi giorni diverse amministrazioni hanno ripreso l’organizzazione di sagre, eventi e manifestazioni, che per loro natura attirano centinaia, se non migliaia di persone. Oltre al rischio epidemiologico collegato a tali eventi, vi sono anche riflessi, negativi, sul piano economico, visto che ad ogni manifestazione è sempre collegata la somministrazione di alimenti, che anzi quasi sempre è il principale fattore di attrazione dei partecipanti».

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Covid free come regione, ma molte famiglie soffrono le difficoltà dovute al contagio. Sul fronte sgravi, vi diamo tre buone notizie:

Imprese del territorio ruotano attorno alle sagre

Ed è proprio quanto detto da Segato il punto. Risulta abbastanza chiaro come il rischio sanitario sia solo una piccola parte del discorso: il cuore è la paura di vedere ristoranti e bar “prosciugati” dalle sagre, che spesso hanno prezzi più invitanti. A rispondere è Fernando Tommasello  della Pro loco Unpli, ovvero l’associazione che organizza eventi sul territorio, ricordando come bar e ristoranti possono godere di apertura tutto l’anno, e quindi ammortizzare qualche weekend di incassi meno elevati, e di come in realtà attorno alle sagre ruotino una grande serie di imprese e lavoratori: fornitori, elettricisti, montatori, trasportatori di cibo e bevande e così via. Ma quanto valgono le sagre in Veneto? Solo nel padovano, dove sono 400 l’anno, un giro d’affari oltre i 40 milioni di euro l’anno.

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