Covid, i contagi penalizzano gli esercenti veneti: «Un lockdown di fatto, servono nuovi sussidi»

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I consumatori evitano bar e negozi, e anche se non ci sono state chiusure, per gli esercenti il clima creato dalla nuova ondata di contagi equivale a un «lockdown di fatto». E con i fatturati che tornano a scendere, le associazioni chiedono la riattivazione dei sussidi statali.

Per Confesercenti Veneto il riacutizzarsi della pandemia ha avuto un impatto generalizzato sulle modalità di consumo dei veneti e a farne le spese sono soprattutto pubblici esercizi, commercio e turismo: il 51% dei consumatori dichiara di evitare di servirsi di bar o ristoranti, o comunque di aver ridotto la frequentazione di pubblici esercizi e locali. Il 32% – un veneto su tre – ha invece rinunciato a fare un viaggio o ha disdetto una vacanza già prenotata. Una quota identica – sempre il 32% – ha evitato o ridotto gli acquisti nei negozi per timore degli assembramenti. Lo conferma anche l’andamento dei saldi di fine stagione appena partiti: le vendite hanno rallentato fino quasi allo stop e, in ogni caso, i comportamenti dei consumatori sono sempre più prudenti: il 25% non entra nei negozi se vede troppe persone, e preferisce fare la fila fuori dai punti vendita.

Per Assoturismo Veneto, l’impatto negativo dello stop ai viaggi è avvertito da tutti i comparti del turismo e degli eventi, dalle agenzie di viaggio – ferme ormai da quasi due anni – ai trasporti turistici, passando per guide e accompagnatori. Nell’ultimo mese, però, è tornato in crisi anche il comparto ricettivo, in particolare nelle grandi città d’interesse storico-artistico: ad eccezione di Venezia, nelle altre località, il tasso di occupazione medio è al 25% con una la perdita di fatturato tra il 70 e l’80%, e si prevede un’ulteriore riduzione a causa delle continue cancellazioni anche di congressi e meeting. Una situazione di difficoltà condivisa anche dalle altre mete turistiche, cui si aggiunge l’aumento dei costi delle imprese, dovuti alla corsa delle tariffe energetiche: per gli alberghi, attività ovviamente energivore, i costi sono triplicati.

«Il quadro previsionale che era stato previsto con la Legge di Bilancio si è radicalmente modificato: l’aumento dei contagi ha creato un clima di sfiducia che sta frenando i consumi delle famiglie», commenta Cristina Giussani, presidente Confesercenti Veneto. «Un problema soprattutto per le piccole e piccolissime imprese italiane del turismo, della ristorazione, del commercio e dei servizi. Così si rischia di mettere la parola fine alla ripresa: in questo quadro non basta ‘non escludere’ l’ipotesi di nuovi sostegni, bisogna intervenire al più presto, con misure adeguate a tutelare l’attività ed il lavoro delle imprese colpite, a partire dalla proroga degli ammortizzatori sociali COVID e dell’esenzione del pagamento del canone unico per le attività commerciali almeno fino al 30 giugno 2022. Ma occorre dare continuità anche alle misure per il credito previste dal DL Liquidità, che ha messo a disposizione delle imprese circa 169 miliardi di euro di finanziamenti. Il Consiglio dei ministri agisca subito, il clima di incertezza richiede interventi congrui e urgenti».

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