Se la PA non paga in tempo a rischio le tredicesime dei dipendenti

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La pubblica amministrazione non paga in tempo e mette a rischio così le tredicesime dei dipendenti della aziende fornitrici. A dirlo è la Cgia di Mestre: i 12 miliardi di euro messi a disposizione dal Governo Conte per consentire alle ASL, alle Regioni e agli Enti locali il pagamento dei debiti commerciali non sono serviti. Poco più di 2 miliardi sono stati richiesti da soggetti pubblici alla Cassa Depositi e Prestiti per saldare i propri creditori. Le aziende che lavorano per la Pubblica Amministrazione sono rimaste in larga parte a bocca asciutta.

«Tra gli effetti generali della crisi in atto, il calo degli ordinativi e i mancati pagamenti, tante aziende fornitrici degli enti pubblici denunciano insistentemente la mancanza di liquidità e non è da escludere che, a dicembre, molte avranno grosse difficoltà a pagare le tredicesime ai propri dipendenti» afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo, concludendo poi che «La questione sarebbe risolvibile se fosse consentita per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i debiti della PA verso le imprese e le passività fiscali e contributive in capo a queste ultime.»

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Tuttavia, non tutte le aziende che lavorano per le Amministrazioni pubbliche attendono tempi biblici per essere saldate. Sottolinea il segretario della CGIA Renato Mason: “La Corte dei Conti, infatti, ha denunciato che negli ultimi tempi gli enti pubblici stanno tendenzialmente onorando con puntualità le scadenze di importo maggiore, ritardando invece premeditatamente il pagamento di quelle più modeste.»

Grazie al “decreto Rilancio” il Governo ha messo a disposizione di ASL, Regioni ed Enti locali 12 miliardi di euro per liquidare almeno una parte dei debiti commerciali accumulati entro la fine del 2019. Alla scadenza del 7 luglio scorso le risorse richieste hanno sfiorato i 2 miliardi di euro. A seguito di questo risultato così modesto, con il “decreto Agosto” l’esecutivo ha concesso una seconda opportunità che è stata un nuovo fallimento. Ad attingere un prestito trentennale ci hanno pensato pochissime Aziende sanitarie e altrettante Amministrazioni locali.

Secondo i dati presentati dall’ Eurostat nell’ottobre scorso, negli ultimi 4 anni i debiti commerciali nel nostro Paese di sola parte corrente sono in costante aumento. Nel 2019 lo stock ha toccato i 47,4 miliardi di euro.

L’introduzione dello split payment, che ha obbligato le Amministrazioni centrali dello Stato a trattenere l’Iva delle fatture ricevute e a versarla direttamente all’erario, ha provocato molti problemi finanziari a quasi la totalità delle imprese che lavora per la PA in quanto non riscuotono più l’Iva, operazione che consentiva loro di fronteggiare nel breve periodo le necessità di cassa, e nel frattempo il volume dei mancati pagamenti è continuato ad aumentare.

In Italia le commesse pubbliche ammontano complessivamente a circa 140 miliardi di euro all’anno e il numero delle imprese fornitrici sono circa un milione. La situazione al 3° trimestre 2020 è leggermente migliorata rispetto ai periodi precedenti, anche se il quadro generale rimane ancora complicato.

Le condizioni più critiche riguardano il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il ministero dei Beni Culturali, e il ministero dell’Interno. Altri non hanno ancora aggiornato i dati sul proprio sito internet come il ministero dell’Istruzione/Università, della Giustizia e della Salute nonostante i ministeri per legge siano obbligati ad inserire trimestralmente nel loro sito l’ITP.

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