Spesa e pasti a casa, boom (anche) in Veneto durante il lockdown

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La consegna di pasti a casa interessa quasi quattro italiani su dieci (37%) che hanno ordinato dal telefono o dal proprio personal computer pizza, piatti etnici o veri e propri cibi gourmet durante l’anno.  E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti/Censis sul food delivery diffusa in riferimento alla chiusura delle indagini per caporalato sui rider per le consegne di cibo a domicilio con il commissariamento di Uber Italy, filiale del ‘colosso’ americano. In cima alla lista delle motivazioni di ricorso al cibo a domicilio – rileva lo studio Coldiretti/Censis – c’è il fatto di essere stanchi e non avere voglia di cucinare (57,3%), ma c’è anche un 34,1% che indica di farvi ricorso in caso di cene con amici e parenti per stupire i commensali con piatti di qualità ma con l’esplosione della pandemia Covid si è aggiunta anche la ricerca di maggiore sicurezza rimanendo tra le mura domestiche.

Pasti a casa, i numeri del Veneto

La conferma arriva dai numeri calcolati da Coldiretti Veneto che durante il lockdown, grazie all’impegno di centinaia di produttori, ha registrato: 400 mila chilogrammi di spesa a domicilio,  20 mila pasti consegnati direttamente a casa,  12 mila chili di beni alimentari per i bisognosi e 20 tonnellate di cibo per gli animali dei circhi e parchi naturali. Uno schieramento di risorse umane che non ha provocato competizione sui costi tra le diverse piattaforme con offerte gratuite di trasporto, promozioni e ribassi, che rischia a volte di ripercuotersi sull’intera filiera, dal personale ai conti dei ristoratori fino ai loro fornitori dei prodotti agricoli e alimentari.

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L’esperienza ha incoraggiato Coldiretti Veneto a chiedere alla Regione Veneto la rivisitazione dei pilastri legislativi che dovranno essere ripresi durante la prossima legislatura come la legge regionale del Km Zero per guidare la predisposizione degli appalti pubblici per avere prodotti di stagione e di origine certa nelle mense, quella agrituristica che non può non tener conto di quanto sperimentato durante il Covid 19 con il potenziamento del take away e delle consegne dei menù porta a porta, l’aggiornamento della normativa dell’agricoltura sociale per riconoscere i parametri sanitari delle fattorie che offrono servizi ed assistenza alle fasce deboli, l’adeguamento della norma per arginare la povertà che nella fase3 post pandemia sta coinvolgendo il 30% della popolazione. La condivisione di queste iniziative  è nell’interesse di tutti – conclude Coldiretti Veneto-  non di una parte ma dell’intera comunità,  per costruire un “bene comune”.

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Non a caso quattro italiani su dieci (38,1%) che ordinano il cibo sulle piattaforme web ritengono prioritario migliorare il rispetto dei diritti del lavoro dei riders, i fattorini che portano i piatti nelle abitazioni, secondo lo studio Coldiretti/Censis. Ma oltre alle condizioni dei lavoratori, sono diversi gli aspetti del food delivery che andrebbero cambiati a giudizio di chi fa ricorso a questo tipo di piattaforme. Il 28% di chi riceve il cibo a casa richiama – conclude Coldiretti – l’esigenza di una maggiore sicurezza dei prodotti durante il loro trasporto garantendo adeguati standard igienici, evitando ogni contaminazione e preservando la qualità del cibo, ma c’è anche un 25,3% che chiede alle piattaforme web di promuovere anche la qualità dei prodotti e degli ingredienti che propongono nei loro menù di vendita, e un altro 17,7% vorrebbe migliorare anche l’utilizzo di prodotti tipici e di fornitori locali.

 

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