Bonus Covid ai politici: l'hanno chiesto Forcolin (vice di Zaia) e due consiglieri regionali veneti

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Bonus Covid richiesti dai politici, spuntano tre nomi eccellenti dal Veneto: sono il veneziano della Lega Gianluca Forcolin (in foto, fonte Twitter), vice presidente della Regione (il vice di Zaia, in pratica) oltre che assessore con deleghe pesanti come bilancio e patrimonio, affari generali e enti locali, il trevigiano Riccardo Barbisan, vice capogruppo della Lega in consiglio regionale e consigliere comunale a Treviso, e il veronese Alessandro Montagnoli, consigliere regionale della Lega, presidente della Prima commissione Affari istituzionali ed ex parlamentare.

I consiglieri regionali hanno un reddito di circa 6-7 mila euro netti al mese: decisamente non a rischio povertà. Eppure avrebbero fatto domanda del bonus anti-povertà dell’Inps. Ora lo scandalo rischia di compromettere la ricandidatura dei tre alle prossime elezioni regionali del 20 e 21 settembre 2020, quando anche in Veneto si voterà per il nuovo consiglio regionale. E proprio in queste ore nelle segreterie dei partiti si decidono i posti da mettere in lista.

Lo scandalo dei bonus Covid richiesti dai politici è montato nei giorni scorsi dopo che il quotidiano La Repubblica ha rivelato che l’Inps, attraverso una commissione ad hoc creata dal presidente Pasquale Tridico, ha identificato cinque parlamentari che avrebbero richiesto il bonus di 600 euro varato dal governo ed erogato dall’Inps per tamponare l’emergenza economica causata dal lockdown a professionisti e partite Iva.

Caso bonus Covid: Gianluca Forcolin si dimette da vicepresidente della giunta veneta

Bonus Inps, così si giustificano i politici veneti

Al Corriere del Veneto, Gianluca Forcolin ha ammesso che lo studio associato tributarista di cui è socio ha fatto richiesta del bonus «per far fronte alle inevitabili spese di gestione». Il vicepresidente della Regione ha anche spiegato che la richiesta del bonus è stata inoltrata da una sua socia, e di averlo scoperto soltanto ora. Domanda che, comunque, sarebbe stata respinta dall’Inps. Sul sito della Regione Veneto è pubblicata la sua dichiarazione reddituale del 2018, relativa ai redditi soggetti all’Irpef prodotti nel 2017: il reddito complessivo è pari a 137.034 euro, mentre il reddito imponibile è pari a 108.256 euro.

Alessandro Montagnoli invece ha scelto il suo profilo Facebook per dire la sua verità: «Quando è uscito il decreto Cura Italia, che riguardava tutti i lavoratori autonomi, ho deciso con mia moglie di richiedere il bonus con l’intento fin da subito di devolverli per l’emergenza covid e a chi lavora nella protezione civile. Ho sbagliato: con il senno di poi ho fatto una leggerezza, ma in buona fede. Questi soldi ero sicuro sarebbero stati spesi bene, dal territorio per il nostro territorio». Montagnoli è commercialista ed esercita la professione di promotore finanziario. Inoltre è consigliere comunale a Oppeano (Verona).

Riccardo Barbisan, laureato in giurisprudenza, è «attualmente libero professionista consulente aziendale nel campo della finanza agevolata comunitaria, nazionale e regionale» come recita la sua bio online. Riguardo al bonus, ha spiegato che la richiesta è stata fatta dal suo commercialista. Nella sua dichiarazione dei redditi 2019, pubblicata sul sito del Comune di Treviso, risulta che nel 2018 ha beneficiato di un reddito complessivo di 104.640 euro e di un reddito imponibile di 98.888 euro.

Bonus Covid ai politici: legale ma inopportuno

Successivamente è emerso che anche molti altri politici, dai consiglieri regionali ai consiglieri comunali, hanno fatto domanda dell’integrazione al reddito. La norma non impediva loro di richiedere quei soldi: di fatto la richiesta è pienamente legale.

C’è  però un gigantesco problema di opportunità: i consiglieri regionali percepiscono un reddito di circa 6-7 mila euro netti al mese e certamente il loro conto in banca non si è prosciugato durante l’emergenza sanitaria. A differenza di quello di migliaia e migliaia di professionisti e piccoli imprenditori veneti cui lo stop forzato al lavoro ha causato un problema di liquidità, a cui appunto il bonus di 600 euro ha fornito un parziale ristoro.

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