«Debolmente positivi»: carica virale bassa, così il virus non si espande

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Vengono chiamati «debolmente positivi» e potrebbero cambiare la percezione che finora abbiamo avuto della pandemia Coronavirus. Anche perché il fenomeno ora ha già due autorevoli conferme: due studi, uno effettuato dal Policlinico San Matteo di Pavia, l’altro dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano. La questione in fondo è semplice: i nuovi positivi che si stanno continuando a trovare in queste settimane, numeri non elevati (mediamente 300-400 al giorno in tutto il Paese) tendono ad essere «debolmente positivi». Ovvero hanno una carica virale talmente bassa che non possono trasmettere la malattia agli altri. Questo è vero soprattutto per le persone asintomatiche o che hanno superato i primi leggeri sintomi del Covid-19.

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«Debolmente positivi», il virus non passa

I «debolmente positivi» diventano così una nuova categoria che è importante soprattutto in Lombardia, la Regione più colpita dal Coronavirus, ma dappertutto. Perché ad oggi rimangono tantissime persone in isolamento casalingo in una situazione di stallo: ovvero persone che hanno avuto il Coronavirus, che stanno di fatto molto bene, ma alle quali rimane qualche traccia di virus nei tamponi. Tanto è vero che, come raccontato dalla comunità scientifica che comunque ritiene probabile un ritorno del Covid in autunno (leggi perché), oggi per trovare i nuovi positivi si fanno tamponi molto più in profondità, andando ad analizzare anche la presenza residuale e minima di virus nelle persone.

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Covid free come regione, ma molte famiglie soffrono le difficoltà dovute al contagio. Sul fronte sgravi, vi diamo tre buone notizie:

Giuseppe Remuzzi, presidente del Mario Negri, lo ha spiegato al Corriere della Sera: «Sono casi di positività con una carica virale molto bassa, non contagiosa. Li chiamiamo contagi, ma sono persone positive al tampone. Commentare quei dati che vengono forniti ogni giorno è inutile, perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale». Una buona notizia che però sta già dividendo la comunità scientifica. C’è chi ha paura che si perda di vista l’obiettivo del tracciamento: sebbene «debolmente positivi» vale comunque la pena di tenerne conto, quantomeno per sapere quante persone hanno contratto il virus nel Paese. C’è però più ottimismo: le parole di Remuzzi sono state riportate anche da Rosario Rizzuto, rettore dell’Università di Padova, nel suo profilo LinkedIn. «E quindi, come ricorda il direttore Istituto Mario Negri  – commenta Rizzuto – «non c’è sostanziale rischio di contagio», ma occorre mantenere prevenzione, monitoraggio e cautele, pur in un quadro complessivo più sereno».

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