Porto Marghera si candida per il polo Enea sulla fusione nucleare

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L’investimento potenziale è di 500 milioni di euro da parte di realtà pubbliche e private, con l’impiego di oltre 1500 ricercatori altamente specializzati e un indotto stimato attorno ai 2 miliardi. È il polo di ricerca sulla fusione nucleare Dtt, Divertor Test Tokamak, che Porto Marghera si candida ad ospitare partecipando a un bando dell’Enea, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie e l’energia.

A svelare il progetto è il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro a margine di una conferenza stampa il 16 gennaio: «La Regione e l’Università di Padova ci hanno fatto un’importante proposta e tra pochi giorni lanceremo la candidatura in un’ex area industriale a Porto Marghera, per farne un centro di ricerca sulla fusione nucleare» dice Brugnaro, come riportato dal Corriere del Veneto del 17 gennaio in un articolo a firma di Gloria Bertasi.

In ballo ci sono anche altri candidati: 9 regioni sarebbero in lizza, fra cui Emilia Romagna, Lazio, Piemonte e Liguria. La data entro cui inviare le proposte è il 31 gennaio, e l’assessore regionale allo sviluppo economico Roberto Marcato conferma che gli uffici della Regione stanno lavorando a pieni giri per presentare una proposta vincente. Il centro sarebbe ospitato in un’area industriale dismessa di 107 ettari di proprietà dell’Eni che trasferirà la proprietà al Comune. Il bando è stato pubblicato sul sito dell’Enea il 24 novembre 2017.

I fondi a disposizione

Al progetto, che sarà realizzato in Italia, contribuirà EUROfusion il consorzio europeo cui è affidata la gestione delle attività di ricerca sulla fusione nucleare che ha previsto un finanziamento da 60 milioni di euro. Ai fondi di EUROfusion si aggiungeranno altre risorse a livello nazionale, tra cui i 40 milioni di euro messi a disposizione dal Miur con delibera Cipe del 3 agosto scorso e gli altri 40 impegnati dal Mise a partire dal 2019, per un contributo da erogare nei 4 anni successivi.

«Ideata dall’ENEA in collaborazione con CNR, INFN, Consorzio RFX, CREATE e alcune tra le più prestigiose università del settore – si legge sul sito di Enea –, DTT nasce come ’anello’ di collegamento tra i grandi progetti internazionali di fusione nucleare ITER, il reattore a fusione in costruzione in Francia e DEMO, il reattore che dopo il 2050 dovrà produrre energia elettrica da fusione nucleare, per fornire risposte, scientifiche, tecniche e tecnologiche a problematiche di grande rilievo quali la gestione dei grandi flussi di potenza prodotti dal plasma combustibile e i materiali da usare come ‘contenitore’ a prova di temperature elevatissime».

Le 500 industrie italiane coinvolte

«Ad oggi, la ricerca sulla fusione ha portato risultati rilevanti in termini scientifici ed economici – prosegue il sito dell’Enea – con ricadute significative per le imprese italiane. In ITER, ad esempio, sono coinvolte, a vario titolo, oltre 500 industrie italiane, fra cui Ansaldo Nucleare, ASG superconductors (Gruppo Malacalza), SIMIC, Mangiarotti, Walter Tosto, Delata TI, OCEM Energy Technology, Angelantoni Test Technologies, Zanon, CECOM e il consorzio ICAS tra ENEA, Criotec e Tratos, che si sono aggiudicate gare per quasi un miliardo di euro, circa il 60% del valore delle commesse europee per la produzione della componentistica ad alta tecnologia. E l’obiettivo è di generare nuovi contratti per altre centinaia di milioni di euro nei prossimi 5 anni».

 

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