Veneto: terra di benessere, con qualche lato oscuro

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La ricchezza di un Paese, di una città, di una regione non può essere misurata soltanto sulla base di criteri economici: il Pil, insomma, non basta. Per questo, da tempo una nuove di serie di indicatori tenta di misurare il benessere complessivo di un territorio. Che fotografia del Veneto viene scattata se si utilizzano come “lenti” proprio questi indicatori? Un’immagine doppia, che mostra come benessere materiale, salute, uso del tempo e relazioni personali e sociali siano veri e propri fiori all’occhiello, ma svela anche pericolosi passi indietro, come nel caso dell’istruzione e della sicurezza.

Il rapporto “Oltre il Pil 2013. Misurare il benessere sociale per rilanciare lo sviluppo economico”

Sono questi, in sintesi, i risultati preliminari del rapporto “Oltre il Pil 2013. Misurare il benessere sociale per rilanciare lo sviluppo economico”, presentato mercoledì 3 luglio da Gian Angelo Bellati, segretario generale Unioncamere Veneto, Roberto Crosta, segretario generale Camera di Commercio di Venezia, Silvio Giove e Giovanni Bertin, Dipartimento di Economia Università Ca’ Foscari, e Serafino Pitingaro, responsabile Area Studi Unioncamere Veneto.

Il rapporto presenta la nuova geografia del benessere delle regioni italiane con un approfondimento sulle province del Nord Est e le città metropolitane, elaborando 41 indicatori elementari e otto dimensioni: benessere materiale, salute, istruzione, lavoro, uso del tempo, sicurezza, rapporti personali e sociali, ambiente. Dall’aggregazione delle 8 dimensioni si sono ottenuti alcuni indici sintetici della nuova “geografia del benessere in Italia e in Veneto”.

In Veneto elevato livello di benessere materiale, male istruzione e sicurezza

Guardando oltre gli aspetti economici, il Veneto si conferma una regione ad elevato livello di benessere materiale. Tra le altre dimensioni considerate, gli indici di salute, uso del tempo e relazioni sociali e personali collocano la regione tra i primi posti mentre su lavoro e ambiente il Veneto occupa posizioni non brillanti. Istruzione e sicurezza rappresentano invece le principali criticità. Sulla base di valori normalizzati che variano da 0 a 1 (vicino allo 0 situazione di difficoltà e disagio rispetto la media) il Veneto è secondo con 0,69 per benessere complessivo dietro al Trentino Alto Adige (0,82) e davanti a Valle d’Aosta, Toscana, Marche e Lombardia.

Veneto tra le “medaglie d’argento”

Escluso il Trentino Alto Adige, che sulla base di tutti gli indicatori considerati sembra essere un territorio “oltre confine” (valore dell’indice unico 0,82), le regioni possono essere classificate in tre gruppi. Il Veneto, con un valore di 0,69, si piazza in seconda posizione, nel primo gruppo di regioni, davanti a Valle d’Aosta, Toscana, Marche, Lombardia ed Emilia Romagna. Nel secondo gruppo troviamo Liguria, Umbria, Friuli Venezia Giulia e Piemonte mentre nel terzo gruppo Molise, Sardegna, Abruzzo, Lazio, Puglia, Basilicata, Campania e Sicilia.

La posizione critica di Venezia

Se il Veneto primeggia tra le regioni italiane per livello di benessere, non altrettanto accade per Venezia. Nel confronto col resto del Nord Est, la provincia lagunare è in decima posizione nella graduatoria (0,63) guidata da Trento e Bolzano (0,77). Tra le province venete in testa c’è Verona (0,76) davanti a Padova (0,74), Belluno (0,72), Vicenza (0,7) e Treviso (0,64), con Rovigo fanalino di coda (0,5). Pur essendo sul podio delle province nordestine per benessere materiale, Venezia mostra criticità nelle dimensioni dell’ambiente, sicurezza e lavoro e non eccelle in istruzione e relazioni personali e sociali. Il confronto con le altre città metropolitane è invece premiante per Venezia (0,67), in quarta posizione nella graduatoria guidata da Firenze, Bologna e Milano.

 Bellati: la crisi colpisce il Pil, ma anche il benessere

«La grave crisi economica e finanziaria sta colpendo duramente il Pil, ma anche il benessere del Veneto e dei veneti – commenta Gian Angelo Bellati, segretario generale Unioncamere Veneto –. Se poi guardiamo alla tendenza per il futuro, dovremmo preoccuparci ancora di più e spingere il Governo a tagliare le spese inutili che si annidano in alcune regioni e nello stesso Stato al fine di favorire gli investimenti, lo sviluppo, la crescita. In altre parole, Pil e benessere possono essere interdipendenti a fronte di una tassazione sempre più impietosa che sta distruggendo il nostro tessuto produttivo e, di conseguenza, sociale».

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