Dazi USA al 50%, a rischio oltre 23 miliardi di export italiano: Veneto tra le regioni più colpite

L’introduzione di dazi doganali fino al 50% da parte degli Stati Uniti sulle importazioni provenienti dall’Unione Europea, ipotesi ventilata dall’ex presidente Donald Trump in vista della nuova corsa alla Casa Bianca, potrebbe avere ripercussioni molto pesanti sull’economia italiana, in particolare su quella manifatturiera. Un’analisi condotta da Adacta Tax & Legal, attraverso la propria divisione “Special Situation” specializzata in internazionalizzazione, ha stimato gli effetti di uno scenario fortemente protezionista sul tessuto produttivo nazionale e su quattro regioni chiave per l’export verso gli USA: Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte.

Secondo la ricerca, che ha incrociato i dati Istat 2024 sull’export manifatturiero con le previsioni contenute nello studio “Euro Area Risks Amid US Protectionism” realizzato per la Commissione ECON del Parlamento Europeo, il settore manifatturiero italiano potrebbe registrare una contrazione dell’export verso gli Stati Uniti del 36,65%, pari a 23,5 miliardi di euro, nell’ipotesi di dazi al 50%. Le quattro regioni più industrializzate del Paese, che insieme generano il 56% dell’export manifatturiero italiano verso gli USA (36,17 miliardi su un totale nazionale di 64,2), subirebbero un calo complessivo del 34,19%, con una perdita stimata di 12,37 miliardi.

Nel dettaglio, la Lombardia, che nel 2024 ha esportato beni manifatturieri negli USA per 13,6 miliardi, vedrebbe svanire 4,92 miliardi; l’Emilia-Romagna (10,4 miliardi di export) perderebbe 3,17 miliardi; il Veneto (7,1 miliardi) 2,39 miliardi; il Piemonte (5 miliardi) 1,84 miliardi. Anche nello scenario più moderato, che prevede un dazio del 20%, l’impatto sarebbe significativo: l’Italia perderebbe il 14,66% del proprio export verso gli USA, pari a 9,4 miliardi, mentre per le quattro regioni la contrazione ammonterebbe al 13,7%, ovvero 4,95 miliardi di euro.

Particolarmente esposto risulterebbe il settore agroalimentare, molto presente in tutte e quattro le regioni analizzate. A causa dell’elevata sensibilità al prezzo da parte dei consumatori statunitensi, l’aumento dei costi al dettaglio causato dai dazi potrebbe determinare un forte calo della domanda, a vantaggio di prodotti di fascia inferiore. Diversamente, comparti come quello del lusso – dall’automotive in Emilia-Romagna alla gioielleria in provincia di Vicenza – risulterebbero più resilienti, poiché meno influenzati dal prezzo finale al consumatore.

Lo studio considera anche il comportamento degli intermediari del commercio, come grossisti e rivenditori, che tenderebbero ad assorbire una parte dell’aumento dei costi (fino a un quarto del dazio), riducendo i propri margini per contenere l’impatto sui prezzi finali. Questa dinamica, tuttavia, non sarebbe sufficiente a neutralizzare del tutto gli effetti dei dazi, soprattutto nel lungo periodo, quando i consumatori potrebbero consolidare nuove abitudini d’acquisto e ridurre in maniera strutturale la domanda di prodotti italiani.

Adacta Tax & Legal evidenzia come, in un contesto geopolitico sempre più instabile, le imprese italiane siano chiamate a ripensare le proprie strategie di internazionalizzazione. In particolare, viene sottolineata l’importanza di consolidare le dimensioni aziendali e valutare operazioni di aggregazione per rafforzare la propria posizione competitiva. Una tendenza già in corso, testimoniata dalle numerose operazioni di merger & acquisition concluse negli ultimi mesi.

Infine, la società vicentina segnala che lo scenario delineato non tiene conto di possibili fattori mitiganti, come l’andamento dei tassi di cambio o eventuali iniziative della politica monetaria. Saranno soprattutto le future trattative tra l’Unione Europea e l’amministrazione americana a determinare la portata effettiva delle misure protezionistiche e il loro impatto sull’economia italiana.

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