Apre A&T a Vicenza. La ricerca: una PMI su 4 aumenta gli investimenti digitali

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Il mondo delle PMI del Nordest è diviso in tre: il 36 per cento ha consapevolezza della trasformazione tecnologica in atto, investe in innovazione e cerca di digitalizzare i processi produttivi per non perdere terreno competitivo sui mercati globali; il 19 per cento si sta gradualmente avvicinando al digitale, pur non avendo ancora compreso come poterne sfruttare tutti i benefici; infine, il 45 per cento di PMI ritiene marginale o troppo costoso il ricorso a tecnologie digitali. Perché la digitalizzazione diventi un asset strategico del territorio e del Paese, non solo delle singole imprese, serve un patto tra tutti gli attori dell’ecosistema. Questo è in sintesi quanto emerge dalla ricerca presentata questa mattina dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano in occasione del convegno di apertura della prima edizione della Fiera A&T Nordest, dedicata a innovazione, tecnologie, affidabilità e competenze 4.0 e 5.0, in programma al polo fieristico di Vicenza dal 25 al 27 ottobre.

Secondo i dati annunciati nel corso dell’evento dal titolo ‘La trasformazione digitale delle PMI Italiane: spunti e riflessioni sul Nordest’, le piccole medie imprese italiane negli ultimi tre anni si sono trovate ad affrontare una serie di crisi che ne hanno messo a rischio la continuità operativa. Il 73 per cento delle PMI italiane ha subito gli impatti dell’aumento dei prezzi sul mercato dell’energia, mentre il 72 per cento ha sofferto a causa della crisi delle catene di approvvigionamento. La transizione digitale, affiancata a risposte di tipo organizzativo, contrattuale e infrastrutturale, offre un’opportunità di sopravvivenza e crescita, pur in un contesto socioeconomico molto complesso. Scendendo nel dettaglio, le PMI che hanno aumentato gli investimenti in digitale nel 2022 rispetto all’anno precedente sono il 24 per cento del campione, metà delle quali con incrementi superiori al 10 per cento e solo il 6 per cento dichiara di averli diminuiti.

Niccolò Ulderico Re, ricercatore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano, che ha curato l’indagine, conferma che «gli scenari di incertezza a cui le imprese sono state sottoposte negli ultimi – a partire dalla pandemia da Covid-19 alla più recente crisi derivante dall’aumento dei prezzi dell’energia – possono essere una occasione per spingere le piccole-medie imprese verso la transizione digitale. Il rischio, però, è adottare tecnologie con una visione di breve termine. Per garantire una crescita nel medio-lungo termine è, invece, necessario predisporre un terreno fertile in azienda. Il che si può realizzare potenziando le competenze, collaborando in progettualità con soggetti di differente natura – dalle imprese della propria filiera, a enti di trasferimento tecnologico, dalle università alle startup – e cercando di utilizzare gli incentivi e i bandi pubblici in maniera strutturata». I dati raccolti dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano mettono in luce, però, che solo il 50 per cento delle PMI del Nordest conduce attività finalizzate a elevare le competenze digitali. Solo il 6 per cento, poi, lo fa inserendo figure con elevate competenze digitali (come, ad esempio, laureati e dottorandi provenienti da discipline afferenti all’ambito STEM, scienze, tecnologia, ingegneria, matematica). Per quanto, invece, concerne lo sviluppo di sinergie, benché il 52 per cento delle PMI dichiari di aver avviato collaborazioni, solo il 13 per cento lo fa con enti operanti nell’ambito dell’innovazione e del trasferimento tecnologico. Infine, il ricorso a bandi e incentivi, seppur portato avanti dall’80 per cento delle PMI del Nord-Est, non è strutturato per i limiti dimensionali delle stesse PMI, che, però, dovrebbe sviluppare in maniera continuativa e non occasionale la collaborazione con soggetti esterni che si occupano di bandi e finanziamenti pubblici.

«I dati che emergono dalla ricerca non sono positivi, dobbiamo essere franchi, ma non possiamo puntare il dito sui singoli imprenditori, qui il tema è più ampio», afferma il presidente del Comitato Scientifico Industriale di A&T, Alberto Baban. «È difficile stabilire quali siano le ricette per risolvere il problema. C’è bisogno di un salto culturale, deve intervenire l’ecosistema, in primo luogo lo Stato, ma anche i centri accademici e le associazioni di categoria. C’è bisogno di costruire una grande alleanza e di un patto tra tutti gli attori per far comprendere in primo luogo che le tecnologie digitali non sono un fine ma un mezzo e che il progresso tecnologico rappresenta un booster incredibile per la competitività. Chi non lo comprende rischia di rimanere fuori dal mercato. Non stiamo parlando della singola impresa, ma del territorio, dell’intero Paese, quindi c’è un interesse generale forte. Se il nostro sistema industriale sarà competitivo sarà l’intero Paese a guadagnarci. In secondo luogo servono mezzi e risorse e qui introduciamo il tema della formazione che dovrà essere continua, vista la velocità dei processi in atto. Le scuole di formazione, i centri accademici, ma anche le associazioni di categoria devono sollecitare maggiore attenzione. Se oltre metà delle imprese reputa marginale o troppo costosa l’adozione di tecnologie digitali credo che siamo di fronte a un fallimento. Ripeto, del sistema, non certo dei singoli».

«Le aziende italiane hanno varie leve sulle quali puntare per vincere le sfide della competizione, tra tutte spiccano l’innovazione di prodotto e di processo», afferma Luciano Malgaroli, Ceo di A&T. «La ricerca applicata all’industria e la collaborazione tra imprese, centri di ricerca e università sono i requisiti fondamentali per avere un comparto produttivo eccellente e competitivo. Come si evince dall’indagine realizzata dal’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano, le piccole e medie imprese di quest’area devono accelerare il processo di adozione delle nuove tecnologie, in particolare del digitale. Ormai è chiaro che sostenibilità e digitalizzazione sono diventati i requisiti di base per fare impresa e per contribuire allo sviluppo dei territori. Certo non possono agire da sole, ma di concerto con tutti gli attori istituzionali, economici e accademici che insieme costituiscono l’ecosistema di un territorio. Ecco perché A&T ha voluto affiancare un ampio programma di eventi specialistici all’esposizione di tecnologie, proprio per offrire momenti unici di aggregazione, aggiornamento e confronto. Il territorio del Nordest vanta università, poli d’innovazione e centri ricerca di primario livello ed è per me motivo di grande soddisfazione constatare la risposta corale e convinta del mondo della ricerca per dare vita ad un Comitato Scientifico di alto livello e realizzare un programma di eventi concretamente utile alle aziende».

Aumentare le competenze 4.0 e 5.0 e promuovere una cultura di impresa che guardi in modo strategico alle tecnologie digitali anche in chiave di sviluppo sostenibile sono tra gli obiettivi di A&T Nordest, inaugurata questa mattina al polo fieristico di Vicenza dedicato alle aziende del Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e al bacino industriale limitrofo. Lo slogan della manifestazione è ‘Dall’ideale al fattibile’. In vetrina, con soluzioni applicabili per rispondere concretamente alle sfide competitive dei nuovi modelli produttivi e di business, in ottica industria 4.0 e 5.0, ci saranno oltre 260 espositori pronti a far scoprire 2000 e più tecnologie. Un apposito Comitato Scientifico Industriale (CSI), presieduto da Alberto Baban, di cui fanno parte i rappresentati di tutti gli atenei di Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, ha elaborato un ricco programma di workshop, tavole rotonde e convegni diffuso nei tre giorni di fiera con 80 relatori qualificati tra cui esperti, accademici e imprenditori.

A&T Nordest è realizzata in partnership istituzionale con Accredia, Comet e Hub Innovazione Trentino e ha ottenuto i patrocini di tutto il sistema confindustriale del Nordest, di Confartigianato Imprese del Veneto, di Apindustria Confimi Vicenza, di Confimi Industria del Veneto, dei Digital Innovation Hub di Confartigianato Vicenza e di Confindustria Udine, di Smact Competence Center, della Cuoa Business School, di Assintel e del Lef di Pordenone.

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