Dossier agromafie: in Veneto oltre 300 aziende della ristorazione a rischio infiltrazioni criminali

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Sono più di trecento le aziende venete attive nella ristorazione a rischio infiltrazioni mafiose. A dirlo è il report di Coldiretti sulle agromafie in Veneto. Un lavoro realizzato dalla Fondazione di Coldiretti Osservatorio Agromafie in collaborazione con la Regione Veneto, le forze di polizia e gli Istituti di ricerca Eurispes ed Ixè e presentato dal Procuratore Gian Carlo Caselli.

Le eccellenze della regione nel campo del Made in Italy e delle denominazioni geografiche protette hanno attirato anche attenzioni indesiderate. In particolare il settore agroalimentare che negli ultimi anni è divenuto nuovo campo di interesse per le mafie.

Un canale di credito parallelo

Si è evoluto il modo di operare dei gruppi criminali per infiltrarsi. Si ricorre sempre meno alla violenza e sempre di più alla corruzione e all’esca dei soldi facili. I bersagli prediletti sono imprenditori in difficoltà, soprattutto per via del biennio pandemico, che per necessità accettano di fare da prestanome o riciclare soldi sporchi. Per inserirsi le mafie creano un canale di credito parallelo a quello legale, spesso di difficile accesso soprattutto per le aziende in difficoltà, andando a aumentare il rischio usura. Tutto questo avviene spesso con la complicità di altri imprenditori senza scrupoli, disposti a percorrere le vie brevi per il guadagno che vanno  dall’evasione fiscale allo smaltimento abusivo dei rifiuti.

«Un patrimonio di eccellenze regionali che producono un fatturato di 6,3 miliardi di euro – illustra il Procuratore Gian Carlo Caselli – Oltre la metà del valore rappresentato da eccellenze con denominazioni certificate Ue, fiore all’occhiello di un sistema imprenditoriale tra i più ricchi del Paese. Con un turismo da record, distretti industriali di rilevanza internazionale, marchi campioni dell’export, il comparto è diventato obiettivo di penetrazione mafiosa sempre più radicata e capillare. Una vera riorganizzazione del mondo criminale.»

Particolarmente a rischio è il settore della ristorazione, duramente colpito dalle chiusure imposte per via del Covid. I dati elaborati da Libera su fonte Cerved individuano 312 imprese della ristorazione in Veneto diventate in questo biennio più sensibili a infiltrazioni criminali, pari al 14,8% di quelle attive nella Regione.

La compravendita di licenze, chiusura e riapertura di locali costituisce terreno fertile e di facile infiltrazione. In questo settore è alta anche l’attenzione dei consumatori come risulta da un sondaggio eseguito su 600 veneti. L’83% non mangerebbe in un locale gestito dalla criminalità organizzata e più della metà degli intervistati vorrebbe pene più severe per chi adopera frodi alimentari. Comunque quasi il 60% ritiene mediamente sicuri i prodotti in vendita.

Gli strumenti di contrasto

Con una presa di coscienza sempre maggiore sull’impatto delle agromafie nel settore sono aumentate anche le modalità di contrasto.

«Protocolli d’intesa, tavoli e accordi tra le parti costituiscono un costante confronto tra operatori, istituzioni e forze dell’ordine impegnati nell’applicazione e controllo delle regole non ultimo  l’accordo firmato in Prefettura a Venezia tra Regione e Coldiretti Veneto che fa riferimento al Decreto sulle pratiche sleali considerato una pietra miliare della giustizia», spiega l’Assessore regionale alla Sicurezza e Territorio Cristiano Corazzari. L’accordo punta a contrastare una serie di operazioni che vanno dal rispetto dei termini di pagamento al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti.

«Favorire un sistema virtuoso in questo senso significa creare una equa distribuzione del valore lungo tutta la filiera. In particolare il provvedimento mira a reprimere il fenomeno di acquisto dei prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a doppio ribasso, nonché la previsione di condizioni contrattuali eccessivamente gravose per il fornitore quali la vendita a prezzi al di sotto dei costi di produzione», aggiunge Marina Montedoro direttrice di Coldiretti Veneto.

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