La guerra in Ucraina frena l'export del comparto legno. In Veneto il settore del mobile tiene

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Mentre l’Unione Europea sta decidendo l’approvazione di un sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, si sta valutando l’impatto del quinto pacchetto, approvato l’8 aprile scorso, sull’economia nazionale e dei territori. Tra i divieti, anche quello di importazione di prodotti quali legno, cemento, fertilizzanti, prodotti ittici e liquori. Tra i prodotti in legno di cui è vietata l’importazione vi è ad esempio legno di conifere, faggio, ciliegio, pioppo, pannelli, compensato, pali e travi. Anche se i divieti non si applicano all’esecuzione fino al 10 luglio 2022 di contratti conclusi prima del 9 aprile, l’impatto è grave, se si pensa che da Russia, Bielorussia e Ucraina arriva circa il 5% di materia prima legno.  

Una conseguenza che si riflette anche sulle nostre esportazioni: secondo i più recenti dati elaborati dall’Osservatorio Economia e Territorio di CNA Veneto, per quanto riguarda il Veneto, le esportazioni del sistema casa nel 2021 risultano superiori del +6% rispetto al 2019 ovvero +291 milioni di euro (l’Italia registra un +8,7%). Nel 2021 le esportazioni del comparto casa veneto verso Russia e Ucraina sono state pari a 166 milioni (pari al 9,8% dell’intero manifatturiero). L’export regionale verso i due Paesi costituisce il 3,2% dell’intero export del comparto casa, che risulta quindi tra i settori più esposti al conflitto europeo ancora in corso.

I dati del comparto legno nel mondo e in Italia. Esaminando i dati su scala mondiale, risalta il fatto che negli ultimi trent’anni, la superficie forestale è diminuita di 420 milioni di ettari (-10%); secondo uno studio di CNA nel 2050 la domanda di legno tondo raggiungerà i 6 miliardi di m3, con un aumento di quasi il 50% rispetto al livello attuale. Per quanto riguarda lo scenario nazionale, il 37,4% dei boschi italiani non è soggetto ad alcuna pratica colturale, e circa il 40% è soggetto unicamente a pratiche colturali minimali dovuti in gran parte, a cause orografiche e morfologiche del territorio: oltre due terzi delle foreste italiane si trova ad una quota altimetrica superiore ai 500 metri sul livello del mare ed oltre il 44% si trova su superfici con pendenze superiori al 40%. Si aggiunga che le proprietà forestali private ammontano complessivamente a circa il 60% dell’intera superficie forestale nazionale e sono caratterizzate da un’estrema frammentazione.

Ridotte dimensioni che quindi producono bassi benefici economici, con conseguente diminuzione di interesse nella gestione selvicolturale attiva. Ad oggi, di fatto, soltanto il 15,3% della superficie forestale italiana è gestita attraverso piani gestionali validi, mentre a livello europeo questo valore si attesta al 70%. Nei boschi italiani, non solo i prelievi sono limitati rispetto alla materia prima realmente disponibile, ma anche si utilizza sempre meno materia prima destinata alla trasformazione di questa in prodotti ad elevato valore aggiunto (mobili, legname utilizzato per l’edilizia, ecc.). Dagli anni Sessanta il legname a uso industriale è sceso da circa il 50% a meno di un quinto; a livello europeo, invece, il legname per fini industriali ricopre un ruolo ben più importante, costituendo il 70% dei prelievi totali.

«Sebbene come Paese possiamo vantare la più grande infrastruttura verde – evidenzia Moreno De ColPresidente CNA Veneto – l’Italia per il settore legno-mobili risulta tra i Paesi europei con il più basso grado di auto-sufficienza nell’approvvigionamento di materia prima legnosa. La nostra infrastruttura è inoltre poco valorizzata dal punto di vista economico e produttivo. Sappiamo bene che l’80% del fabbisogno di legno per l’industria manifatturiera italiana è coperto dall’importazione della materia prima: l’attuale situazione socio-politica richiede una urgente riflessione sulla filiera italiana del legno».

Il contesto veneto: comparto in crisi per la prima trasformazione, ma il settore del mobile è forte e ben strutturato. In Veneto, negli ultimi decenni, la superficie forestale è aumentata. Ben un quarto dell’area veneta è coperto da foreste: circa il 50% si estende in fasce superiori ai 1000 metri e il 59% è di proprietà privata; solo il 16% della superficie forestale è dotato di un piano di riassetto valido. In Veneto sono attive 293 imprese forestali tra ditte individuali e micro imprese, con circa 480 dipendenti (dati Istat): il 44% in provincia di Belluno; il 26% in provincia di Vicenza; il 13% in provincia di Treviso (13%). Il quantitativo di materiale legnoso lavorato dalle imprese boschive venete varia dai circa 1.200 m3/anno per le imprese individuali, ai 1.900 m3/anno per le società. Purtroppo queste piccole dimensioni aziendali contribuiscono ad esporre l’intero comparto ai rischi e alle fluttuazioni del mercato. Nelle stesse condizioni le 311 imprese di prima trasformazione, che tra il 2011 e il 2019, si sono praticamente dimezzate. Questo dato testimonia la profonda crisi che sta affrontando il comparto delle segherie in Veneto, principalmente a causa di un’offerta sempre più frammentata e di una concorrenza straniera sempre più strutturata e forte. Le conseguenze sono che il Veneto, per quanto riguarda i prodotti della silvicoltura, presenta un saldo commerciale estremamente negativo, in cui l’import è sette volte il totale dell’export.

Ad un primo e secondo anello della filiera piuttosto deboli, si contrappone un settore del mobile forte e strutturato. Il Veneto, infatti, è la prima regione italiana per addetti e fatturato, con aziende che di media superano i 10 dipendenti. Il comparto veneto dei mobili ha un saldo commerciale estremamente positivo, dove il valore dell’export supera di dieci volte l’import.

«Se questa situazione viene ben governata – sostiene Hermann Sala, Presidente CNA Legno e Arredo Veneto – cioè se si aiutano le piccole imprese della prima parte della filiera (anche dal punto di vista della transizione tecnologica) e se si fa tesoro degli insegnamenti della tempesta Vaia e della crisi pandemica, superando la bassa integrazione tra i diversi attori, sarebbe pensabile un ulteriore sviluppo sostenibile dell’intera filiera locale e italiana. Sono molte, infatti, le opportunità da cogliere per le maestranze artigiane che vi lavorano all’interno, penso alla presenza sul nostro territorio di fiere, Associazioni di categoria attente, all’ufficio FSC® nazionale con sede a Padova e alla creazione di sinergie tra le attività turistiche/ricreative e la gestione forestale. Ma altrettante sono le minacce che dovremo scongiurare: dalla sempre maggiore minaccia atmosferica con possibilità di tempeste di vento; alla mancanza di statistiche sull’andamento dei prezzi dei vari assortimenti legnosi; alla assoluta necessità di uffici regionali di riferimento  riferimento per l’implementazione di strategie a lungo termine. Nelle prossime azioni – conclude Sala – dovremo lasciarci guidare dalla sostenibilità, elevandola a driver del settore e dall’ open innovation; con esse si acquista competitività e si attraggono i giovani, molto attenti a valori ambientali ed alle nuove opportunità».

Tra le soluzioni messe in campo da CNA, il Progetto Zaghaton, giugno 2022. Si tratta di una collaborazione tra 5 imprese CNA, di cui due venete di alto profilo – rispettivamente una di arredo di montagna a Taibon Agordino, e una di arredo yacht a Venezia – con studenti del design o giovani professionisti e consulenti di Digital Magics, l’unico incubatore certificato di start up italiano quotato in borsa. Grazie a questo progetto, CNA Legno Arredo desidera traghettare le PMI della filiera «casa» verso le sfide del futuro che ruotano attorno ai temi della tecnologia, creatività, sostenibilità e contaminazione; accompagnare le aziende della filiera mobile/arredo/design nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi che rispondano ai nuovi bisogni dei consumatori; costruire un nuovo futuro per il mondo del design e dell’artigianato che sia «digital» e «green»; creare sinergia tra il tessuto imprenditoriale e il mondo della formazione; sostenere l’avvio di impresa negli ambiti dei settori di riferimento.

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