Prezzi alle stelle per concimi, fertilizzanti e materie prime: la guerra in Ucraina mette in ginocchio l'agricoltura

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Dopo l’invasione russa dell’Ucraina anche l’economia italiana e veneta inizia a pagare le prime conseguenze: non solo la caduta in borsa dei titoli che di più hanno fatto affari con la Russia (Geox -14%, Unicredit -12,8%, Pirelli 10,7%), anche i primi rialzi ai prezzi delle materie prime che interessano in particolare l’agricoltura e il nostro settore primario.

Il caro prezzi dei concimi di origine animale del 170% rischia infatti di avere conseguenze pesantissime su tutta la filiera agroalimentare Made in Italy, affossata dall’embargo imposto da Putin sull’esportazione da parte russa del nitrato di ammonio, componente fondamentale per la concimazione del grano. La conseguenza è una riduzione generale, spiega Coldiretti, della disponibilità sui mercati che, oltre a far schizzare in alto i prezzi con rincari di oltre il 170% (da 250 euro/tonnellata a 670 euro/tonnellate), mette di fatto a rischio la produzione europea di grano, a partire da quella italiana. Il nitrato di ammonio viene, infatti, a mancare proprio nella fase decisiva per la crescita delle spighe, diminuendo inevitabilmente la produttività con il taglio dei raccolti.

Fertilizzanti che già avevano subito un rincaro in seguito all’aumento dei prezzi del gas. Secondo il report di CAI (Consorzio Agrari d’Italia), l’urea è balzata a 750-800 euro a tonnellata contro i 350 euro a tonnellata dello scorso anno, il perfosfato minerale è passato da 170 agli attuali 330 euro/tonnellata, mentre i concimi a contenuto di potassio sono schizzati da 450 a 850 euro/tonnellata. Il risultato è che il 30% delle imprese agricole è costretta a ridurre i raccolti, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’, con una situazione insostenibile che mette a rischio le forniture alimentari e, con esse, la sovranità alimentare del Paese che è già obbligato ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato e il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale.

Sempre da parte di CAI arrivano anche i dati delle rilevazioni della Borsa Merci di Bologna, punto di riferimento per le contrattazioni nazionali delle materie prime agricole. Il grano tenero, utilizzato per la produzione di pane, farine e biscotti, viene quotato, a seconda del valore proteico, dai 4 agli 8 euro in più a tonnellata, attestandosi in media intorno ai 315-320 euro/tonnellata con quote di 381 euro/tonnellata per gli speciali di forza (+2,5%). Deciso l’aumento anche del mais, fondamentale per la produzione di mangimi, che viene quotato 10 euro in più a tonnellata (+3,75%), e aumenta di 10 euro a tonnellata anche la soia (+1,5%), mentre l’orzo e il sorgo quotano rispettivamente 7 e 6 euro in più a tonnellata (+2,4%).

«Occorre impegnarsi per evitare che questa crisi colpisca consumatori e agricoltori, anche a causa di possibili manovre speculative finalizzate a costringere i produttori a vendere sotto la soglia degli enormi costi di produzione sostenuti in questo periodo per il caro energia – spiega Gianluca Lelli, Amministratore delegato di Consorzi Agrari d’Italia -. È chiaro che, visto lo scenario in evoluzione, non sono da escludere rincari dei prodotti finali come pane, farina, biscotti o mangimi per animali che però dobbiamo limitare evitando proprio le speculazioni nella filiera».

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