Lavoro autonomo in crisi: calo del 6% tra i professionisti con partita Iva

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Festa del 1° maggio, scendono di 345mila le unità di lavoratori con partita Iva: una ricorrenza complicata per tanti lavoratori autonomi ed altrettanti ex, che a seguito delle limitazioni alle aperture in corso da mesi non possono esercitare la propria attività e, in particolar modo, a coloro che non lavorano più  perché a causa della pandemia sono stati costretti a chiudere definitivamente l’attività.

Questo è il messaggio dedicato al primo maggio dell’Ufficio studi della Cgia: tra febbraio 2020 e lo scorso mese di marzo l’occupazione tra il popolo delle partite Iva è scesa di 345 mila unità, pari a una contrazione del 6,6 %. In questo anno di pandemia tanti artigiani, esercenti, piccoli commercianti, liberi professionisti e lavoratori autonomi non ce l’hanno fatta e sono stati costretti a gettare definitivamente la spugna. A marzo di quest’anno il numero complessivo dei lavoratori indipendenti presenti in Italia si è attestato a quota 4.893.000. 

Cala il lavoro autonomo, ma non solo: i dati delle imprese

Secondo una recente indagine realizzata dall’Istat, sono 292 mila le aziende che si trovano in una situazione di seria difficoltà. Sono attività che danno lavoro a 1,9 milioni di addetti e producono un valore aggiunto che sfiora i 63 miliardi di euro. Il numero medio di addetti per impresa di questa platea di aziende così a rischio chiusura è pari a 6,5.

Ci si riferisce a micro attività che, pesantemente colpite dall’emergenza sanitaria, non hanno adottato alcuna strategia di risposta alla crisi e, conseguentemente, corrono il pericolo di abbassare definitivamente la saracinesca. I settori produttivi più interessati da queste 292 mila attività sono il tessile, l’abbigliamento, la stampa, i mobili e l’edilizia. Nel settore dei servizi, invece, si distinguono le difficoltà della ristorazione, degli alloggi/alberghi, del commercio dell’auto e altri comparti come il commercio al dettaglio, il noleggio, i viaggi, il gioco e lo sport.

Il rischio per i lavoratori

Secondo gli artigiani mestrini, è evidente che non tutti questi operatori economici hanno chiuso o chiuderanno definitivamente i battenti nei prossimi mesi, tuttavia con lo sblocco dei licenziamenti previsto nel prossimo autunno, molti degli addetti di queste piccole attività rischiano di trovarsi senza un’occupazione regolare.

Più in generale segnalano che tra febbraio 2020 e il marzo di quest’anno sono andati persi poco meno di 900 mila occupati e con i 248 miliardi di euro di investimenti previsti con il Next Generation EU, al termine della spesa, ovvero nel 2026, in Italia sono previsti  750 mila nuovi posti di lavoro.

In termini assoluti, comunque, la base occupazionale del Paese è composta da 22.246.000 unità, di cui 17.352.000 sono lavoratori dipendenti (78 per cento del totale) e 4.893.000 autonomi (22 per cento del totale). I disoccupati, invece sono 2.495.000 (il tasso di disoccupazione a marzo 2021 era al 10,1 per cento) e gli inattiva hanno raggiunto quota 14.031.000. In Italia, infine, è stimato che ci sia su un esercito di 3,2 milioni di lavoratori in nero: di cui 527 mila sono localizzati a Nordest, 727 mila nel Centro, 783 mila e 700 nel Nordovest e 1,2 milioni nel Sud.

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