Disoccupazione giovanile alle stelle, ma gli artigiani denunciano: «Non troviamo personale»

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Disoccupazione giovanile ai massimi storici, ma gli artigiani faticano a trovare personale. Cna: «Valorizzare le scuole professionali e de-burocratizzare il lavoro». Il Superbonus 110% sta dando propulsione al comparto casa, con le ditte dell’edilizia e dell’impiantistica del mondo artigiano che si trovano «piene di lavoro», ma con grande difficoltà a reperire personale, soprattutto giovane. Il fenomeno non è nuovo, però oggi colpisce di più, a fronte di una disoccupazione giovanile salita, nell’ultimo anno, al 31,6% tra i ragazzi dai 15 ai 24 anni.

Le cause del mancato incontro tra imprese delle settore casa (ma non solo) e manodopera sono molteplici e, parlando con gli artigiani, emergono con chiarezza. Essi puntano il dito contro un immaginario che per decenni ha svalutato il lavoro manuale, creando una dicotomia tra lavoro intellettuale e manuale che non è mai esistita nella realtà (ci vuole testa, e molta, per fare l’artigiano!), ma anche contro la burocratizzazione del lavoro che sta uccidendo entrambi, il lavoro e l’impresa, e le persone che li animano. Gli imprenditori artigiani, oggi, quando trovano qualcuno da assumere che abbia le caratteristiche e la voglia di imparare il mestiere, fanno festa.

«Il mondo dell’artigianato rappresenta una grandissima opportunità per i giovani del nostro territorio – afferma Mattia Panazzolo, direttore di CNA territoriale di Treviso -: c’è la possibilità di imparare un mestiere che darà anche la possibilità, se uno se la sente, di mettersi in proprio, di creare un’impresa. Serve valorizzare di più le scuole professionali che negli ultimi decenni sono state svilite e considerate di serie b. In Germania, che è il primo paese manifatturiero d’Europa, le scuole professionali sono un’ottima, prestigiosa alternativa per chi non fa il liceo. E così deve tornare ad essere anche da noi per riallineare domanda e offerta di lavoro, non creare nei giovani false aspettative e illusioni, risparmiare loro la frustrazione della disoccupazione e di non potersi costruire un futuro».

Disoccupazione giovanile e mondo dell’artigianato: le testimonianze

«Il problema non è di oggi anche se forse si è reso più evidente a seguito della pandemia. Non riusciamo a trovare giovani che abbiano voglia di imparare un mestiere o figure già formate. A ottobre, dopo una ricerca di sei anni, sono finalmente riuscito a trovare e assumere un ragazzo di vent’anni appena uscito da una scuola di idraulica: è stato un colpo di fortuna. L’abbiamo inquadrato come apprendista ed è ora affiancato da un capo squadra che gli sta insegnando il mestiere; lui si impegna e mi pare soddisfatto, e io pure. Il nostro mercato sta andando bene, ho il sentore che ci sarà parecchio lavoro nei prossimi anni. Adesso stiamo cercando una figura con esperienza». È la testimonianza di Luca Frare, 39 anni, ingegnere gestionale, titolare di Idrotermica Frare, storica ditta termoidraulica di Fontanelle che dà lavoro a nove persone.

«Il nostro è un lavoro particolare, che richiede anche un certo impegno fisico e ho riscontrato che molti giovani non sono disposti a fare fatica, preferendo il lavoro di ufficio – racconta -. C’è poi un’altra questione, che riguarda l’educazione e le aspettative di cui vengono caricati i ragazzi: spesso i genitori, che vogliono il massimo per i propri figli, li forzano ad andare all’università a formarsi per una professione, con l’idea che così non dovranno fare la vita di fatica e sacrifici che hanno fatto loro, sporcandosi le mani. Anche io sono laureato però ho sempre riconosciuto dignità al lavoro che faceva mio padre e gli sono subentrato in azienda: a me il cantiere piace».

«Non si trovano giovani, in particolare italiani, che cercano lavoro presso il settore edile o manifatturiero. L’idea che mi sono fatta è che il nostro mestiere sia ritenuto poco dignitoso e troppo faticoso. Eppure dà soddisfazione, è redditizio, a fronte, com’è normale, di sacrificio». Lo afferma Cristina Zanellato, co-titolare di C.E.M. Costruzioni Edili Montello, fondata dal papà Franco e che gestisce ora assieme al padre e a fratello Danilo. È un’impresa edile storica, con sede a Venegazzù, che  compirà a breve 50 anni e dà lavoro oggi a cinque persone. Dopo una lunga ricerca, dieci giorni fa ha assunto due nuove figure: un cittadino straniero di 37 anni, proveniente dal settore dell’edilizia, e un giovane stagista, stufo di stare con le mani in mano dopo che il suo settore, la ristorazione, in questo periodo di chiusure forzate non offre più opportunità. Ora li stanno formando sulla sicurezza.

«Era un anno e mezzo che stavamo cercando e finalmente abbiamo trovato – racconta Zanellato –, è stata una lunga ricerca, non semplice. Se trovare personale è difficile, trovarlo già formato è un’utopia. Grazie al 110% ora siamo pieni di lavoro e le maestranze servono. Io spero che tolgano al più presto il blocco dei licenziamenti che sta ingessando il mercato, e che i ragazzi si diano da fare». Sulle ragioni della penuria di giovani che cercano nel suo settore, Cristina Zanellato si è fatta un’idea. «I figli di noi artigiani vedono i genitori che lavorano tante ore al giorno e devono far fronte alle sfide e alle responsabilità che richiede la gestione di un’impresa, quindi cercano altre strade, finendo magari in settori in cui sono costretti a lavorare gratis per anni – spiega -. I nostri invece sono lavori ben remunerati, non ripetitivi, con il pregio di poter lavorare all’aria aperta, di imparare sempre cose nuove e, soprattutto, non si è numeri ma si è valorizzati come persone. Certo serve voglia di imparare, fare fatica, mettersi in gioco».

Una delle cause dell’allontanamento dei giovani dai lavori artigiani è la burocratizzazione del lavoro. «Appena ho compiuto 14 anni, mio padre mi ha fatto il libretto del lavoro e sono andata in cantiere – racconta Zanellato -. Oggi non puoi farli accedere al cantiere fino al compimento del 16º anno di età e, quando entrano, non possono praticamente fare nulla per non rischiare di farsi male. Come fanno a imparare e a innamorarsi di un mestiere se non lo possono provare? Studiare è importante ma allo studio va affiancato il lavoro perché intelligenza e manualità si sviluppano di pari passo».

«Lavoro ce n’è, siamo strapieni e non riusciamo a starci dietro ma trovare personale è una fatica. Poi naturalmente bisognerà vedere se tutti i preventivi che abbiamo fatto andranno in porto. Intanto noi stiamo cercando due figure: un giovane e un manutentore idraulico». È la testimonianza dell’ing. Francesco Pilotto il quale, seguendo la strada del padre Tullio, oggi è titolare di Tecnoimpianti, ditta di San Zenone degli Ezzelini, che oggi dà lavoro a quattro persone. «Trovare personale in questi anni è stato sempre molto difficile – racconta Pilotto – ora a giugno dovrebbe uscire dal CFP di Fonte un giovane che ha fatto uno stage da noi per due anni consecutivi e siamo pronti ad assumerlo perché ci siamo trovati bene. Poi cerchiamo una figura con più esperienza».

Il disallineamento tra offerta e domanda, Pilotto lo spiega così: «A noi serve manodopera qualificata, che abbia delle competenze tecniche, non solo manuali, perché gli impianti sono e saranno sempre più complessi – spiega -. Non tutti i ragazzi che escono dai centri o dalle scuole professionali hanno le competenze minime per poter fare questo lavoro. L’ideale per noi sarebbe avere diplomati Itis che abbiano però voglia di fare lavori manuali. Ma chi è diventato perito ambisce a lavorare in ufficio, non in cantiere. Dobbiamo capire però che basta un tecnico per tre figure di cantiere, non viceversa».

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