Confartigianato: «Parrucchieri e estetiste: assurdo lo stop ai clienti fuori Comune»

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«Buon senso e chiarezza devono essere alla base delle regole sugli spostamenti all’interno della zona arancione». Sono le parole di Roberto Boschetto, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto, che ragiona circa il perdurare oramai dalla vigilia di Natale della zona arancione per la nostra regione. Dove sono stati così vietati gli spostamenti per usufruire di servizi alla persona collocati fuori dal Comune di residenza. «Un aspetto – aggiunge Boschetto – che sta penalizzando diversi nostri mestieri, dal benessere ai calzolai, dalle pulisecco ai sarti e agli orafi, ottici e ortopedici, fotografi e grafici sino all’autoriparazione ed ai riparatori di elettrodomestici. Solo per citare i più numerosi che rappresentano in regione 26.206 imprese artigiane distribuite in tutti i comuni del Veneto anche i più piccoli. Un divieto che oltre agli interrogativi circa la possibilità di poter continuare ad accogliere i clienti che giungono da altri Comuni limitrofi (tanti gli imprenditori che in questi giorni si sono rivolti a noi, per avere delucidazioni sul proprio lavoro) sta minando alle fondamenta i bilanci di queste attività strette tra cali di fatturato anche del 70% e costi fissi che corrono come al solito. Una situazione insostenibile che ancora di più fa emergere l’esigenza di uscire dalla logica dei ristori per codici ATECO e porti il Governo ad adottare un provvedimento ombrello che vada a sostenere le imprese in base al calo del fatturato non solo di aprile ma nel corso degli ultimi 9 mesi del 2020 rispetto lo stesso periodo dell’anno precedente. Non autorizzando i servizi alla persona e alla famiglia a ricevere clientela da fuori Comune, si impedisce agli imprenditori di servire una parte importante della clientela».

«Tutto questo rappresenta una violazione della libertà di scelta dei clienti stessi – precisa Tiziana Chiorboli Presidente regionale veneta e nazionale di Confartigianato Benessere -. Non è nei nostri saloni che si prende il virus – dice -, perché il Covid-19 circola dove c’è assembramento e dove non si rispettano le regole di igiene e di sicurezza. In questo modo si rischia di non indirizzare gli sforzi verso i comportamenti veramente rischiosi, che vanno al contrario sanzionati. Nei saloni si accede un cliente alla volta e solo su appuntamento, gli operatori sono scrupolosi e gli ambienti sono sanificati. Inoltre, i clienti restano all’interno degli esercizi per poco tempo, e sono distanziati. Lavoriamo in totale sicurezza. Impedire questo tipo di spostamenti è ingiusto e irragionevole. Abbiamo sollecitato inutilmente anche il Governo su questo punto. Un silenzio che stride invece con l’azione di alcuni rappresentanti dello stesso sul territorio, i Prefetti, che a Cremona, Sondrio, Brescia, Milano, Torino, hanno concesso libertà agli spostamenti se per appuntamenti presso esercizi in cui i clienti vengono ricevuti singolarmente».

“Tale provvedimento – conclude Chiorboli – va ad incidere sul “rapporto di fiducia” che si è instaurato e consolidato negli anni tra professionisti e clienti che risiedono in altri Comuni. Chiediamo quindi un chiarimento che risponda al “buon senso” e alla “ragionevolezza” che deve sempre accompagnare l’applicazione delle norme. Una interpretazione che ha un senso oltretutto in un territorio come il nostro, composto da Comuni spesso molto vicini fra di loro. In Veneto -ricorda Chiorboli- su 563 Comuni, 39 sono micro, con meno di 1.000 abitanti, 177 quelli con meno di 3.000 abitanti (il 31% del totale) ma si arriva a 287 se alziamo il limite a 5.000 abitanti (il 51%), e le nostre imprese ne sono forse una delle ultime “anime” da salvaguardare”.

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