Innovazione, nasce tra Padova e la Svizzera una nuova mano robotica

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Innovazione, una nuova mano robotica capace di dialogare con muscoli e cervello è nata della collaborazione tra l’UOC di Chirurgia plastica di Padova diretta dal Franco Bassetto, Nicola Petrone docente del Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Padova, il gruppo di ricerca dell’Università di Scienze applicate della Svizzera Occidentale coordinato da Manfredo Atzori e da Henning Müller, PlayCast Srl e Dynatec Studio.

Prende così vita il progetto di ricerca ProHand, finanziato dalla fondazione svizzera Hasler, che punta ha creare protesi efficienti e più economiche.

Innovazione, la mano robotica una nuova svolta in campo medico

La scienza medica in molti casi viene in aiuto con un reimpianto dell’arto stesso, ma questo purtroppo non è sempre possibile. Si deve ricorrere così a un arto artificiale che negli ultimi anni da semplice “sostituto inerte” o quasi si sta trasformando in una vera e propria mano bionica grazie ai progressi della chirurgia plastica, della bioingegneria e della robotica.

Le protesi mioelettriche oggi disponibili presentano dei limiti che le ricercatrici e i ricercatori italiani e svizzeri stanno provando a superare usando la tecnologia della scansione e della stampa 3D della protesi, che permette di ottenere protesi più economiche.

Un altro limite è quello della presa vera e propria e della gamma di movimenti possibile: il team ha progettato da un lato un sistema di motori elettrici distribuiti su ogni dito, e dall’altro ha potuto usare i pattern di segnale registrati grazie ai progetti NinaPro e MeganePro per aumentare i movimenti e la loro precisione fino a 36 al momento il numero più elevato mai ottenuto.

Nuova mano robotica, connubio tra medicina e tecnologia

«I progetti NinaPro e MeganePro hanno portato al database probabilmente più utilizzato al mondo per il controllo di protesi. I muscoli che muovevano la mano, ancora presenti nell’avambraccio, si contraggono sollecitati dallo stimolo cerebrale del movimento. Gli impulsi elettrici emessi sono registrati tramite sensori e utilizzati per innescare i movimenti della protesi» ha speigato Manfredo Atzori coordinatore del gruppo di ricerca svizzero.

«Quando non è possibile il reimpianto dell’arto il chirurgo plastico deve prestare la massima attenzione al “confezionamento” del moncone –sostiene Franco Bassetto, direttore dell’UOC di Padova – in quanto dipenderà da questo la possibilità in seguito da parte del paziente dell’utilizzo di protesi, dalle più semplici alle più innovative».

 

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