Artigianato Veneto, il peso del Covid: «Imprese a rischio usurai»

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Anche a causa del Covid, l’artigianato veneto è sempre più in affanno. Nei primi 6 mesi di quest’anno le imprese del settore sono scese di 687 unità; facendo diminuire il numero complessivo a quota 125.305.  Sia nel I (-1.002) che nel II  trimestre 2020 (+315) i saldi sono tra i peggiori registrati negli ultimi 10 anni, a conferma che l’artigianato in Veneto, come del resto tutte le attività di prossimità, non è stato in grado di reggere l’urto dello shock pandemico.  E se fosse proclamata una nuova chiusura totale del Paese assisteremmo al colpo del definitivo KO. A lanciare l’allarme è la CGIA.

LEGGI: DPCM CONTE, SEMI-LOCKDOWN, ECCO IL TESTO E TUTTE LE DECISIONI

Artigianato Veneto, il rischio usura

Afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: «Un nuovo lockdown generalizzato darebbe il colpo di grazia ad un settore che da 11 anni a questa parte sta costantemente diminuendo di numero. Dal 2009, infatti, hanno chiuso definitivamente la saracinesca 18.000 aziende artigiane venete. Questo ha avviato la desertificazione dei centri storici e delle periferie, contribuendo a peggiorare il volto urbano delle nostre città che, anche per questa ragione, sono diventate meno vivibili, meno sicure e più degradate. Sia chiaro: soluzioni miracolistiche non ce ne sono, anche se è necessario un imminente intervento pubblico almeno per calmierare il costo degli affitti, ridurre le tasse, soprattutto quelle locali, e facilitare l’accesso al credito. Nonostante i prestiti erogati con il decreto liquidità, sono ancora tantissime le imprese artigiane che non trovano ascolto presso le banche, con il pericolo che molte di queste finiscano nella rete tesa dagli usurai».

La difficoltà di accedere al credito bancario da parte delle piccolissime aziende potrebbe addirittura peggiorare a partire dal 2021. Sottolinea il segretario della CGIA Renato Mason: «Dal prossimo 1° gennaio, le banche applicheranno le nuove regole europee sulla definizione di default. Queste novità stabiliscono criteri e modalità più restrittive rispetto a quelli finora adottati. Altresì, è previsto che le banche definiscano inadempiente colui che presenta un arretrato consecutivo da oltre 90 giorni, il cui importo risulti superiore sia ai 100 euro sia all’1 per cento del totale delle esposizioni verso il gruppo bancario. Se dovesse superare entrambe le soglie, scatterà la segnalazione presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia che, automaticamente, bollinerà l’imprenditore come cattivo pagatore, impedendogli così di poter disporre per un determinato periodo di tempo dell’aiuto di qualsiasi istituto di credito. Una situazione che rischia di interessare tantissime partite Iva che tradizionalmente sono a corto di liquidità e con grosse difficoltà, soprattutto in questo momento, a  rispettare i piani di rientro dei propri debiti bancari».

Quasi sicuramente, questa nuova definizione di default spingerà le banche a tenere un comportamento molto “prudente” nei confronti dei clienti. Con l’abbassamento della soglia di sconfinamento, registreremo senz’altro una impennata dei crediti deteriorati. Per evitare gli effetti negativi degli Npl, infatti, Bruxelles ha imposto alle banche la svalutazione in 3 anni dei crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni per quelli con garanzia reali. E’ evidente che l’applicazione di queste misure indurrà moltissimi istituti di credito ad adottare un atteggiamento di estrema cautela nell’erogare i prestiti, per evitare di dover sostenere delle perdite in pochi anni. Insomma, per tantissime Pmi venete è in arrivo una nuova stretta creditizia.

LEGGI: GLI AIUTI PER LE FAMIGLIE, DAL CONTRIBUTO PER L’AFFITTO AI LAVORI GRATIS IN CASA

Molte famiglie soffrono le difficoltà dovute al contagio. Sul fronte sgravi, vi diamo due buone notizie:

LEGGI: IL FUTURO NELLE MANI DELLE NANOTECNOLOGIE

A livello regionale il Veneto è la terza regione d’Italia ad aver subito la contrazione più pesante: solo la Lombardia (-1.244) e l’Emilia Romagna (-881) hanno registrato un saldo più negativo del nostro che, ricordiamo, nel primo semestre del 2020 è stato pari a -687. A livello provinciale, infine, le province venete che hanno subito le riduzioni più significative sono state Treviso (-112), Padova (-116) e Vicenza (-204). A livello nazionale solo Milano (-261) ha segnato un dato peggiore della nostra provincia berica. Sebbene abbia anch’essa registrato un saldo negativo, nel primo semestre la realtà territoriale più “virtuosa” del Veneto è stata Belluno (-44).

Andrea Fasulo

Ti potrebbe interessare