Coronavirus, Padova e Treviso in crisi: produzione al -25% per le piccole imprese

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È crisi a Padova e Treviso: calo della produzione di oltre 25% per le piccole imprese. Calano fortemente anche fatturato e ordini, rispettivamente del -23,1% e del -19%. Il secondo trimestre 2020 segna l’impatto più acuto che la pandemia da Coronavirus lascia dal suo inizio. È la crisi mostrata dall’indagine congiunturale ed evidenze dell’impatto di Covid-19 sull’Industria di Padova e Treviso condotta da Assindustria Venetocentro, in collaborazione con Fondazione Nord Est, tra il 20 giugno e il 20 luglio su un campione di 560 aziende manifatturiere e dei servizi. Nel frattempo in altre province si attuano nuovi misure per aiutare le aziende a ripartire, come il progetto Riparti Verona.

Crisi Padova e Treviso: crolla la produzione delle piccole imprese a -25%

Nel secondo trimestre 2020, come era prevedibile, la produzione cede in media il 18% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con picco negativo nelle piccole imprese, con un calo del 25,9%. In forte calo il fatturato in Italia, con -23,1%. Anche l’export cede terreno (-14,6%) per effetto del doppio shock di domanda e offerta e delle ripercussioni della pandemia sul commercio mondiale. In forte contrazione gli ordini, al -19%, esito che sconta un mese di aprile in cui le imprese ‘non essenziali’ sono rimaste completamente chiuse a causa del lockdown. Tensioni sulla liquidità aziendale per un terzo delle imprese, anche a causa dei pagamenti giudicati in ritardo dal 49,5%. Tiene nel complesso il numero degli occupati, fermandosi a -1,6%, grazie all’ampio ricorso agli ammortizzatori sociali, utilizzati ad aprile dal 70,1% delle imprese e in modo più contenuto con la ripresa delle attività a maggio (55,6%) e giugno (43,3%).

Per sei imprese su dieci, l’attività non tornerà al livello pre-pandemia nel 2020

La caduta nel secondo trimestre segna il punto di minimo dall’inizio dell’emergenza Covid e per effetto del lockdown. La contrazione della produzione industriale nei primi sei mesi si ferma al 12,1%, per effetto del recupero iniziato dopo la riapertura in maggio. La forte incertezza su tempi e modi di uscita dalla crisi sanitaria e le ricadute sulla domanda, interna e internazionale, rendono parziale e faticosa la risalita. Per sei imprese su dieci, l’attività non tornerà al livello pre-pandemia nel 2020. Gli effetti del virus “economico” continueranno a farsi sentire a lungo con il ritorno sui livelli di attività pre-Covid collocato tra prima metà e seconda metà 2021, se non interverranno sviluppi negativi.

Previsto un forte aumento della disoccupazione nei prossimi sei mesi

L’incertezza ha determinato comunque solo un parziale rinvio delle decisioni di investimento delle imprese (-1,4% a fine anno, rispetto al +7,8 a gennaio), invariate per il 42,3%, in aumento per il 25%, pur in un contesto interno e internazionale fluido e con molte nubi. La profondità del trauma della pandemia e del lockdown si riverbera sul versante del lavoro: l’occupazione nella propria azienda è prevista stabile (o in aumento) a fine anno dal 58,4%, grazie anche all’ampio ricorso alla Cig. Ma l’87% degli intervistati ritiene abbastanza o molto prevedibile  un forte aumento della disoccupazione nei prossimi sei mesi. Numeri che rendono ancora più urgente un piano di rilancio dell’economia italiana, a medio-lungo termine, che rimetta in moto la leva di domanda, investimenti e lavoro.

Progetto Riparti Verona: 3 milioni per far ripartire le imprese

«Siamo di fronte a una pesante recessione economica – spiega Maria Cristina Piovesana, Presidente di Assindustria Venetocentro -. Per contro la dinamicità delle imprese che vediamo tutti i giorni è il segno della voglia di reazione dei nostri territori, che va adeguatamente supportata. Dopo mesi di task force e stati generali, è urgente passare al più presto ai progetti reali e predisporre piani d’impiego delle risorse che siano seri e credibili, per incidere su nodi strutturali con riforme e investimenti, volti al rilancio dell’economia, dell’impresa e del lavoro. Il rilancio parte dalla capacità di spendere bene tutte le risorse disponibili, senza pregiudizi o veti ideologici autolesionisti, puntando innanzitutto alla crescita degli investimenti, ed evitando, al contempo, un aumento della spesa corrente. è come saremo capaci di gestire e accompagnare questi percorsi che farà la differenza. Nei mesi scorsi è stato giusto aiutare persone e attività. Ora si deve cambiare registro e affrontare con decisione le grandi riforme che il Paese aspetta da decenni: fisco, lavoro, giustizia, semplificazione. Bisogna agire: abbiamo l’urgenza, la consapevolezza e le risorse per farlo».

«La pandemia e il lockdown sono stati come uno tsunami – aggiunge Massimo Finco, Presidente Vicario di Assindustria Venetocentro – che ha provocato un contraccolpo senza precedenti in termini di produzione, di fatturato e di ordini e ha riguardato indistintamente le imprese di tutte le dimensioni. Ora dobbiamo reagire con un disegno chiaro e condiviso che ancora non si vede nell’azione di governo, puntando più su impresa e lavoro e meno sui sussidi. Invece vediamo che si vara un altro scostamento di bilancio per prorogare interventi a pioggia o che danneggiano le imprese (Cig onerosa). La cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti, utili a gestire l’emergenza e a guadagnare tempo, non sono comunque la soluzione del problema. Aziende e posti di lavoro non si salvano per decreto ma con la ripresa della produzione, della domanda e degli investimenti. Servono misure che producano crescita, investendo nella ripresa del sistema produttivo, che dà reddito e lavoro. Bisogna cominciare a parlare con i fatti, investire sul nostro futuro, cioè sui giovani e la formazione, sulle nuove tecnologie che il Covid ha accelerato, sulle imprese manifatturiere che esportano e si confrontano nel mercato mondiale».

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