Vicenza, effetto Covid sull'industria: produzione -23,1%, peggio del 2009

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Il Covid peggio della grande crisi del 2009: la produzione industriale a Vicenza segna -23,1% nel secondo trimestre del 2020, mentre il peggior dato dell’annus horribilis del primo decennio del secolo fu pari a -19,63% (anche se allora furoono ben sette i trimestri consecutivi in “rosso”). A confrontare i due numeri è Confindustria Vicenza nella sua indagine congiunturale aprile-giugno, basata su un campione di aziende. Crisi leggermente inferiore a quella che si registra nell’analoga ricerca di Assundustria Venetocentro, sulle PMI di Padova e Treviso che registrano una diminuzione secca del 25% della produzione nello stesso periodo.

Vescovi: «L’export soffre meno del mercato interno»

«Come prevedibile, il periodo del lockdown, che coincide con questa rilevazione, ha provocato un crollo della produzione e delle vendite sul mercato interno – commenta il presidente di Confindustria Vicenza Luciano Vescovi –. Il riflesso si è avuto anche sull’export anche se, come sempre, il mercato comunitario è quello su cui le aziende vicentine si esprimono meglio e quindi quello che, in questa tragedia, ha sofferto meno».

Ma a onor del vero non per tutti il lockdown si è tradotto in una frenata della produzione. A fronte del 77% delle aziende che dichiara cali, il 10,4% delle ditte evidenzia aumenti produttivi, determinando un saldo di opinione pari a -66,6 (-42,8 nel precedente trimestre; +6,4 nel II trimestre dello scorso anno). Il numero di aziende che denuncia un livello produttivo insoddisfacente rappresenta il 71% del totale, prosegue l’analisi congiunturale degli industriali berici.

Vicenza

Le vendite sul mercato interno sono a -24% (il precedente record negativo fu il -17,6 del medesimo trimestre del 2009) mentre l’export verso i mercati extra UE registra un -22% (-15,2 nel primo trimestre 2009 fu il peggior dato della crisi). Sotto la soglia psicologica del -20% fa segnare il calo dell’export verso i mercati UE che chiudono il trimestre del lockdown a -17,9%, ‘solo’ due punti percentuali peggio del record della crisi 2009.

«È chiaro che stiamo parlando di un periodo straordinario e bisogna contestualizzare questo crollo nella giusta maniera – aggiunge Vescovi -. Le cause di questi risultati non si devono cercare all’interno del sistema economico e finanziario, come fu per la crisi, e quindi da una parte c’è la speranza che un rimbalzo possa esserci già nel terzo trimestre e qualche segnale in questo senso c’è. Dall’altra dobbiamo comunque rimboccarci le maniche e trovare nuove soluzioni per adattarci al nuovo contesto per poter riprendere a produrre e proporre i nostri prodotti e servizi sui mercati mondiali prima e meglio della concorrenza. Nel 2009 si registrarono fino a 7 trimestri, ovvero quasi due anni, di cali consecutivi; contiamo che questa volta la reazione sarà più rapida. Soprattutto se il Paese, in armonia con gli altri stati UE, riuscirà a sfruttare lo sforzo economico espresso dagli scostamenti di bilancio e dal prossimo Recovery Fund per investimenti e per interventi strutturali».

Covid, sofferenze per i ritardi negli incassi

La profondità dell’impatto del Covid sul sistema industriale è confermata anche dalla situazione degli ordini. La consistenza del portafoglio ordini rimane stabile per il 18%, aumenta per il 15% mentre cala per il 67% delle aziende (saldo pari a -52) ed il periodo di lavoro assicurato supera i tre mesi soltanto nel 15% dei casi. Rispetto al I trimestre 2020 diminuisce leggermente la percentuale di aziende che denuncia tensioni di liquidità (25%), mentre aumenta in modo sensibile la percentuale di imprese che lamenta ritardi negli incassi (41%). Nel II trimestre, i prezzi delle materie prime sono leggermente diminuiti (-0,8%), mentre i prezzi dei prodotti finiti sono rimati pressoché invariati.

Tiene l’occupazione a Vicenza e provincia

Nel periodo aprile-giugno 2020 l’occupazione segna una riduzione del numero di addetti pari al -1,97%. Il 68% delle aziende dichiara di aver mantenuto inalterato il proprio livello occupazionale, l’11% l’ha aumentato, mentre il 21% ha ridotto la propria forza lavoro.

«Che l’occupazione sia calata di poco rispetto al crollo produttivo – precisa il Presidente di Confindustria Vicenza – è anche qui facilmente spiegabile. Da una parte Vicenza è una provincia fortemente manifatturiera e quindi, rispetto ad altre zone magari più legate al turismo, fa meno ricorso a stagionali che quest’anno, purtroppo, hanno subito più di tutti gli effetti delle chiusure e delle restrizioni. Dall’altra, chiaramente, c’è stato il blocco dei licenziamenti e l’utilizzo molto diffuso, in quanto necessario vista la chiusura forzata, della cassa integrazione Covid».

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