Imprese turistiche femminili crescono il doppio. Picco a Rovigo: +5,1%

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Sono empatiche, positive e organizzate: si tratta delle donne che lavorano nel settore turistico. Non più impiegate solo in ruoli marginali, occupano ora una posizione da protagoniste: manager, direttrici e addette alla comunicazione. E le loro qualità si riflettono anche sui numeri. Crescono infatti le aziende turistiche nel Veneto, ma quelle femminili sembrano avere una marcia in più. Nel corso del 2014-2015 l’aumento delle imprese ricettivo-ristorative femminili è stata decisamente superiore a quella delle imprese totali.

A evidenziare questa “riscossa rosa” è lo studio realizzato da Valeria Minghetti del Ciset sulla base dei dati forniti dalla Camera di Commercio di Padova. Scorrendo i numeri si scopre che le imprese turistiche femminili del Veneto viaggiano forte crescendo al ritmo dell’1,9% rispetto l’anno precedente. E il resto delle imprese? Ferme all’1%. Un vero e proprio doppiaggio, per usare un termine automobilistico.

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Fonte: Camera Commercio Padova, 2016

Rovigo capitale delle imprese turistiche femminili

Ristorazione e alloggio: sono questi i due punti forti del turismo veneto gestito dal gentil sesso. Sono quasi novemila le imprese femminili di questo tipo in regione, e costituiscono quasi un terzo di quelle totali. Tra le province a farla da padrona è Rovigo, che ha registrato nel corso dell’ultima stagione turistica una crescita del 5,1% delle imprese turistiche femminili. E la controparte maschile? Si ferma all’1,5%. Bene anche Vicenza e Venezia, male invece Belluno, che è scesa dell’1,5%, nonostante mantenga una quota ancora elevata di femminilità (a Belluno le “quota rosa” sono il 34% delle imprese totali).

In Europa 6 addetti turistici su 10 sono donne

Nel 2014 nell’Unione Euorpea quasi sei persone su dieci occupate in attività turistiche core (ricettività, ristorazione e intermediazione) sono donne, contro circa tre su dieci in attività economiche non finanziarie. Donne sono la maggioranza degli occupati nel turismo in quasi tutti i paesi dell’Unione Europea, in particolare in Lettonia, Lituania e Polonia (rispettivamente 72%, 68% e 67% degli addetti). L’Italia, in crescita, si assesta sul 54%.

Samuele Marchi

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