Decontribuzione: un'impresa padovana su 3 assumerà

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Un occhio agli sgravi contributivi per i nuovi assunti, più che ai decreti attuativi del Jobs Act su contratto a tutele crescenti e flessibilità in uscita. L’altro al barometro dell’economia che dopo aver arrestato la lunga caduta della produzione in autunno stenta a vedere materializzati in nuovi ordini e commesse i (ripetuti) annunci di ripresa.

L’impatto immediato della riforma del lavoro del governo Renzi sui piani di assunzioni delle aziende dipenderà da questa doppia prospettiva. Ma soprattutto dalla velocità (e intensità) di recupero della domanda e della produzione nei prossimi mesi.

La pensa così oltre metà degli imprenditori padovani (54,5%) interpellati da un sondaggio di Confindustria Padova condotto nel mese di gennaio (quindi prima delle misure attuative del Jobs Act) sui programmi aziendali di assunzioni per il 2015 e l’utilizzo dei nuovi strumenti previsti dalla legge delega 183/2014 di riforma del lavoro.

Eppur si muove. Il sondaggio conferma innanzitutto i primi segnali di risveglio del mercato del lavoro. Il 33,2% degli imprenditori padovani prevede di utilizzare quest’anno gli sgravi contributivi (per 36 mesi) previsti dalla legge di Stabilità per realizzare nuove assunzioni a tempo indeterminato. Minore al momento l’appeal del Jobs Act, anche se è ampia la platea di chi aspetta di formarsi un’opinione chiara sul nuovo regime (40%) e cresce la domanda delle aziende di conoscerne le novità (250 partecipanti a un recente seminario Confindustria Padova). Il 24,7% degli imprenditori interpellati a inizio anno lega la previsione di nuove assunzioni a tempo indeterminato all’entrata in vigore (dalla pubblicazione in G.U.) del nuovo contratto a tutele crescenti, cuore del Jobs Act, e della nuova disciplina dei licenziamenti. E il 16,2% ritiene che la riforma favorirà l’occupazione rendendo meno vincolante assumere in questa fase di instabilità.

Resta il fatto che su un punto la maggioranza non ha dubbi: per il 54,5% degli imprenditori padovani, finchè non c’è vera ripresa non ci può essere crescita stabile dell’occupazione. Insomma, non basta una buona legge – e il Jobs Act ne ha l’impianto e il merito – per creare lavoro. Ma una buona legge può incoraggiarlo e dargli impulso, quando l’economia tornerà ai ritmi normali.

«Il sondaggio conferma che gli imprenditori sono pronti a fare la loro parte – commenta il presidente di Confindustria Padova, Massimo Finco -. Con l’approvazione del decreto sulle tutele crescenti e, prima di questo, con gli interventi sul contratto a termine, si è finalmente realizzata una positiva inversione di tendenza che, se proseguirà senza cedimenti, sposterà il baricentro sul contratto a tempo indeterminato e quindi la stabilizzazione del lavoro, rendendolo più conveniente, e avvicinerà il nostro mercato del lavoro a quello degli altri Paesi europei. Molto resta da fare, ma oggi registriamo la positiva volontà di cambiare passo, trasferendo la protezione del lavoratore dal posto di lavoro ad un sistema che lo tuteli con ammortizzatori efficienti, misure attive per il ricollocamento, più formazione. In concomitanza con gli sgravi contributivi per 36 mesi potrebbe determinarsi un impulso alle assunzioni stabili, che si intravede nei risultati del sondaggio. Ma la spinta decisiva all’occupazione potrà venire solo dalla ripresa del ciclo economico, di domanda interna e investimenti che ancora non si vedono, su cui andranno ora concentrate le politiche economiche e fiscali del governo e le decisioni delle aziende». Nel merito del Jobs Act, «vengono colte quelle esigenze di certezza normativa e di flessibilità dell’organizzazione che le imprese da lungo tempo chiedevano».

«Resta il fatto – conclude Finco – che una volta preso atto del potenziale dei nuovi contratti a tempo indeterminato, diventerà inevitabile affrontare il vero tema di riequilibrio competitivo del lavoro italiano: il cuneo fiscale. Allineare il carico fiscale e parafiscale a quello dei competitor per abbattere drasticamente il total tax factor che oggi grava sulle nostre imprese e ne riduce la competitività. Sforzi ne sono stati fatti come l’alleggerimento Irap, e questa è la direzione giusta, ma la strada è ancora lunga. Dobbiamo proseguire nel percorso riformatore, consapevoli del ritardo accumulato. Rimettere al centro del confronto la semplificazione del rapporto di lavoro, la detassazione del salario legato alla produttività, la contrattazione di secondo livello».

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