Licenziati al Messaggero di Sant'Antonio: notte in redazione

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I giornalisti del Messaggero di Sant’Antonio, licenziati ieri dall’editore, hanno passato in redazione la notte tra giovedì 6 e venerdì 7 dicembre. Un picchetto di protesta per far sentire tutto il loro dissenso nei confronti della decisione della società Messaggero di Sant’Antonio Editrice, che intende chiudere la redazione formata da otto giornalisti e proseguire le pubblicazioni senza di loro, forse affidandosi ai frati stessi per la scrittura degli articoli.

I giornalisti, che resteranno anche oggi 7 dicembre a presidiare la redazione, hanno intanto scritto una lettera aperta al vescovo di Padova Claudio Cipolla:

Eminenza reverendissima, caro vescovo Claudio,

siamo i giornalisti del “Messaggero di sant’Antonio”, realtà editoriale cattolica che proprio quest’anno compie 120 anni di vita.

Le scriviamo perché stamattina la nostra rappresentante sindacale, accompagnata dalla rappresentanza regionale della FNSI, ha incontrato la proprietà dei frati per una riunione da tempo programmata per altre questioni. In apertura di tale riunione è stato comunicato, in modo imprevisto e imprevedibile, e con un atteggiamento violento per la sua brutalità e da noi percepito come inumano, l’imminente chiusura della redazione e il conseguente licenziamento di tutti i giornalisti.

Stiamo parlando di otto giornalisti che hanno famiglia e impegni economici di vario tipo e che hanno ricevuto la notizia, a freddo e senza alcuna avvisaglia, in prossimità delle feste natalizie.

Il “Messaggero di sant’Antonio” è in crisi da tempo e i giornalisti si sono sempre mostrati disponibili a venire incontro a qualsiasi esigenza dei frati, nella convinzione che dai problemi si esce insieme o non se ne esce per niente.

Per tale motivo da un anno la redazione era in contratto di solidarietà al 20% e si apprestava a proseguire il contratto per un altro anno. A seguire si sarebbe potuto procedere con la cassa integrazione ed eventualmente con il ricorso a un part-time. Insomma di alternative ce ne sarebbero state molte altre e avrebbero garantito la possibilità a otto famiglie di avere un lavoro dignitoso.

Il lavoro, lo insegna il Vangelo, è il nostro modo di partecipare alla creazione del mondo. È garanzia di dignità. È messa a frutto dei talenti personali e umani. Privare in questo modo le persone del loro lavoro, alla vigilia delle festività natalizie, oltretutto, equivale davvero a calpestare la dignità umana.

Le scriviamo perché francamente siamo tutti sfiduciati dinanzi all’agire di una Chiesa che si fa portavoce di valori come giustizia, carità, rispetto ed è poi la prima a calpestare l’essere umano.

Da parte nostra riteniamo di avere sempre agito in modo corretto, cercando di mettere passione in tutto ciò che abbiamo fatto, spesso oltre i nostri obblighi.

Non riusciamo ancora a credere che questo sia avvenuto!

Le confidiamo che siamo profondamente feriti e che ci sentiamo umiliati, quasi incapaci di reagire, anche se sappiamo che dobbiamo combattere per difendere il nostro posto di lavoro.

Ci rivolgiamo a lei per ricevere supporto e sostegno non solo umano.

La salutiamo con fiducia.

Le giornaliste e i giornalisti del “Messaggero di sant’Antonio”

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