CGIA di Mestre: "Negli ultimi 15 anni l'industria è crollata, ha retto solo il Nordest. Veneto al quarto posto"

FacebookTwitterLinkedInWhatsAppEmail

Dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi, gli ultimi 15 sono stati gli anni più difficili per la gran parte dei Paesi occidentali. Per quanto concerne l’Italia, ad esempio, la grande recessione del 2008-2009, la crisi dei debiti sovrani del 2012-2013, la pandemia del 2020-2021 e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia avvenuta nel 2022 hanno profondamente cambiato il volto della nostra economia. È comunque utile evidenziare che tra il 2019 e il 2022, il settore manifatturiero italiano ha realizzato un rimbalzo superiore a quello registrato nel resto degli altri principali Paesi UE, a partire dalla crisi pandemica esplosa 4 anni fa, nessun’ altra grande manifattura europea ha fatto meglio della nostra. A dirlo è l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre.

“Questi dati” afferma il segretario della CGIA Renato Mason, “dimostrano che c’è la necessità di mettere a punto una politica industriale di lungo periodo, deregolamentando, dove possibile, per non frenare la crescita e lo sviluppo, con una particolare attenzione al tema del credito. Le difficoltà di accesso ai prestiti bancari, infatti, stanno diventando un serio problema per tante Pmi.”

Il comparto che nell’industria italiana ha subito la contrazione negativa del valore aggiunto più pesante in questi ultimi 15 anni è stato il coke e la raffinazione del petrolio (-38,3%). Seguono il legno e la carta (-25,1%), la chimica (-23,5%), le apparecchiature elettriche (-23,2 %), l’energia elettrica/gas (-22,1 %), i mobili (-15,5 %) e la metallurgia (-12,5%o). Per contro, invece, i settori che esibiscono una variazione anticipata dal segno più sono i macchinari (+4,6%), gli alimentari e bevande (+18,2%) e i prodotti farmaceutici (+34,4%). Tra tutte le divisioni, la maglia rosa è ad appannaggio dell’estrattivo che, sebbene possegga un valore aggiunto in termini assoluti relativamente contenuto, in 15 anni ha registrato un incremento spaventoso pari al 125%.

Sempre tra il 2007 e il 2022, il valore aggiunto reale dell’industria del Mezzogiorno è crollato del 27%, quello del Centro del 14,2% e del Nordovest dell’8,4%. Solo il Nordest ha registrato un risultato positivo che ha toccato il +5,9%. A livello regionale sono le imprese della Basilicata ad aver registrato la crescita del valore aggiunto dell’industria più importante (+35,1%). In seconda posizione si colloca il Trentino Alto Adige (+15,9%) che ha potuto contare sullo score del settore agroalimentare, della distribuzione di energia, delle acciaierie e delle imprese meccaniche. In terza posizione, invece, scorgiamo l’Emilia Romagna (+10,1%) e appena fuori dal podio il Veneto (+3,1%).

A livello provinciale Milano (con 28,2 miliardi di euro di valore aggiunto nominale nel 2021) rimane l’area più “manifatturiera” del Paese, ma 3 province venete si piazzano nella top10. Vicenza al sesto posto, primo in regione, vede un valore aggiunto nominale nel 2021 di 11,5 miliardi di euro, segue Treviso con 9,2 miliardi al nono posto e chiude al decimo la provincia di Padova con 8,3 miliardi di euro.

Ti potrebbe interessare