L'allarme Cgia: due milioni di disoccupati, ma un milione di addetti che le imprese non riescono a trovare

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In Italia ci sono poco meno di 2 milioni di disoccupati, ma secondo il Ministro del lavoro sarebbero 1 milione i posti che le imprese non riescono a trovare. Questi i dati evidenziati dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre, che sottolinea come molte persone, soprattutto giovani, siano senza una occupazione, mentre tante aziende sono costrette a rinunciare a una quota importante degli ordinativi, poiché non hanno le risorse umane sufficienti per far fronte a queste nuove commesse.

I dati che emergono dalla periodica indagine Excelsior condotta presso gli imprenditori italiani dall’Unioncamere-Anpal, l’Ufficio studi della CGIA ha elencato le prime 50 figure professionali di difficile reperimento. Praticamente introvabili sono i saldatori ad arco elettrico, i medici di medicina generale, gli ingegneri elettronici/telecomunicazioni, gli intonacatori (che includono anche gli stuccatori, i decoratori e i cartongessisti) e i dirigenti d’azienda (di istituti scolastici privati e di strutture sanitarie private). Di questo primo blocco, in 8 casi su 10 la ricerca degli imprenditori (privati e pubblici) si tramuta in fallimento. Altrettanto difficili da reperire sul mercato del lavoro sono i meccanici collaudatori, gli infermieri/ostetriche, i tecnici elettronici (installatore e manutentore hardware), i tappezzieri e i materassai, gli operai addetti a macchinari per la filatura e bobinatura, i saldatori e i tagliatori a fiamma, gli ingegneri elettronici, gli elettrotecnici e gli operai addetti ai telai meccanici per la tessitura e maglieria. In 7 casi su 10 le richieste imprenditoriali rimangono scoperte.

Al Nord si cercano soprattutto camerieri, commessi e addetti alle pulizie, al Sud la richiesta si concentra su muratori e, anche qui, su camerieri e commessi. Le maggiori difficoltà nel reperire i lavoratori dipendenti sono emerse a Nordest. A Bolzano, infatti, nel 2022 si è registrata l’incidenza percentuale più alta pari al 52,5%. Seguono Pordenone con il 52%, Gorizia con il 48,8%, Pavia con il 48,3%, Trento con il 47,9%, Udine con il 47,8%, Bologna e Vicenza con il 47,7%, Lecco con il 46,9% e Padova con il 46,8%.

In Veneto si cercano soprattutto commessi, con una difficoltà di reperimento al 30,7%,  camerieri e professioni assimilate con difficoltà del 47,6%, personale non qualificato per i servizi di pulizia uffici ed esercizi commerciali pari al 33,4%, cuochi in alberghi e ristoranti con una difficoltà del 52,3% e personale non qualificato addetto all’imballaggio e al magazzino con difficoltà pari al 20,9%.

“Per contrastare il disallineamento tra scuola e lavoro” commenta il segretario della CGIA Renato Mason, “dobbiamo investire sull’orientamento, spiegando agli insegnati, alle famiglie e ai ragazzi che nella vita professionale ci si può affermare anche come lavoratori autonomi. Più in generale, comunque, bisogna ridare dignità al lavoro manuale, pagarlo di più e ricordare a tutti che gli istituti professionali e quelli tecnici non sono scuole di serie B, ma realtà che sono in grado di formare gli operai e i tecnici del futuro, molti dei quali lavoreranno in camice bianco e in dotazione avranno strumentazioni tecnologiche dal valore economico di migliaia e migliaia di euro” ha concluso.

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