Cina, il vino veneto piace: esportazioni in forte aumento

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Sono 770 milioni di dollari. E’ questo il vuoto che diventa opportunità per il settore vitivinicolo italiano, lasciato dai produttori di vino australiano nel mercato cinese. Occasione che non si stanno facendo sfuggire gli operatori veneti, tanto che l’export verso la Cina di vini veneti è cresciuto nel 2021 del 43.2%

Percentuale che diventa eccezionale nel 2022. Le esportazioni di vini veneti in Cina in termini di fatturato ha fatto registrare  una crescita del 182% nell’ambito del servizio Go East. Il segreto?

Essere fornitori affidabili per il mercato cinese, soprattutto nel periodo pandemico, riempiendo spazi di mercato lasciati vuoti da partner precedenti della Cina, come appunto l’Australia.

A “dare i numeri” è Jing Li, responsabile del mercato Cina per Irecoop Veneto: “Le cantine italiane – spiega Jing Li – ora hanno grandissime opportunità in Cina e non possiamo scappare nonostante il clima attuale di grande instabilità politica. L’importante è continuare a lavorare. Come superare le difficoltà? Stringendo ancora di più i rapporti e creando una collaborazione strettissima, andando assieme a proporre i nostri prodotti”.

Una giornata di confronto e di riflessione, organizzata da Irecoop Veneto, ente strumentale di Confcooperative del Veneto, ha posto al centro il food&wine veneto nei mercati internazionali, tra crisi post Covid, scenario geopolitico ed energetico attuale.

Le sfide per le cooperative vitivinicole venete sono molte e parlano di innovazione, di approdo in nuovi mercati per abbattere i costi di produzione e mantenere la crescita delle esportazioni.

“La cooperazione nell’agroalimentare è fondamentale: aggrega in organizzazioni di produttori, cooperative, consorzi di secondo livello. In questo modo tutta la piccola agricoltura può rimanere tale garantendo qualità, tracciabilità e controllo della filiera. L’obiettivo è far sì che unendosi anche le piccole aziende abbiano l’opportunità di raggiungere anche la Cina, gli USA e qualsiasi mercato” spiega Daniela Galante, Direttore di Irecoop Veneto.

 

Il Veneto è la terza regione italiana per export di prodotti agroalimentari, per un totale di 7.8 miliardi nel 2021. Le prospettive di crescita non mancano, puntando su quelle si vinceranno le sfide che il settore agroalimentare veneto si trova ad affrontare a causa della crisi energetica e dell’instabilità dello scenario internazionale. Le previsioni di Denis Pantini, responsabile agroalimentare wine monitor di Nomisma, prefigurano un orizzonte di stagflazione, aumento dei costi di produzione e diminuzione della capacità di acquisto che colpiranno mercati, produttori e consumatori soprattutto europei.

Le conseguenze si inizieranno a manifestare a fine anno e poi prepotentemente nel 2023, mentre nel primo semestre 2022 le esportazioni  di prodotti agroalimentari veneto stanno ancora crescendo.

Sottolinea Denis Pantini: “La crisi che si sta verificando è asimmetrica: i mercati europei soffriranno di più, quelli americani meno, mentre in Cina si presume ci saranno iniezioni di fondi pubblici quindi la tenuta del consumo dovrebbe mantenersi”.

Punto fondamentale per i produttori, secondo Denis Pantini, è diversificare i mercati. Anche secondo Pantini si dovrebbe guardare a Oriente, Cina in primis, senza però tralasciare il Nord America. Impossibile limitare la futura caduta delle esportazioni restando focalizzati solo sui mercati europei.

La crescita del 23% nelle esportazioni venete negli ultimi cinque anni è stata importante, ma al di sotto della media italiana. Ad oggi i principali mercati in cui si riversano i prodotti agroalimentari veneti sono Germania e USA, dal 2016 si vede una crescita importante delle esportazioni in Polonia e Francia.

 

Silvano Nicolato, vicepresidente del settore vitivinicolo di Fedagri, a proposito dei costi di produzione commenta: “L’instabilità geopolitica ci dà preoccupazioni, ma ci ha anche portato a metterci in discussione e andare avanti: ricercare nuovi mercati, abbattere i costi, innovare. Le bollette arrivano anche a noi, questo ci pone profonde preoccupazioni. Questi conti vanno a erodere le liquidazioni delle uve e che potrebbero farci perdere competitività, ma anche andare avanti: tante cantine per esempio stanno facendo investimenti per auto-produrre energia”.

 

A confermare la necessità di unirsi per far fronte alla crisi è Cesare Barbero, direttore della piemontese Cantina Pertinace, che racconta: “La nostra cantina, che si trova in una zona artigianale, sta valutando con le altre aziende circostanti di fare un distretto energetico, studieremo la possibilità di collaborare per quanto riguarda la produzione di energia”. Collaborare non è una novità per Cantina Pertinace. Fa parte infatti di una vera e propria rete di impresa, della quale fanno parte anche due cantine venete. L’obiettivo è creare sinergie: condivisioni di clienti, scambio di opinioni e know how su alcune problematiche del mercato. Un approccio che forse si rivelerà vincente anche contro la crisi.

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