Digitale, la denunca del sindacato pensionati: «Emarginati gli ultra65enni veneti»

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Sta accadendo tutto molto in fretta. La digitalizzazione si diffonde a macchia d’olio nella nostra quotidianità, dal settore sanitario alla pubblica amministrazione, e il rischio di emarginare le fasce meno “tecnologiche” è reale e tangibile. A farne le spese, se non accompagnati in adeguati percorsi, sono soprattutto gli anziani, vittime spesso del “digital divide” (divario digitale) come dimostra una indagine realizzata dal sindacato dei pensionati (Spi) del Veneto, che ha coinvolto i collaboratori presenti in ogni parte del territorio regionale. «Ci siamo rivolti ai nostri attivisti – spiegano dallo Spi Cgil Veneto – perché hanno sempre il polso della situazione degli anziani veneti: esigenze, problemi, stato d’animo vengono intercettati in tutta la regione tramite gli sportelli Spiche negli ultimi tempi hanno dato assistenza a moltissimi cittadini anche nell’accesso ai servizi digitali».

Dai risultati emerge che l’ostacolo più grosso per gli anziani veneti è rappresentato dallo Spid (identità digitale) e, in generale, dall’avvento della tecnologia nella pubblica amministrazione. Sei nostri attivisti su dieci, infatti, ritengono che questo strumento abbia complicato la vita degli over 65, invece che semplificarla. E sono molte, infatti, le persone che si rivolgono alle sedi del sindacato per farsi assistere nell’attivazione dell’identità digitale, vera spina nel fianco soprattutto per gli ultra80enni. Secondo quanto emerso nell’indagine, un terzo del campione ritiene che la digitalizzazione nella PA abbia facilitato solo in parte le vite degli anziani veneti, mentre solo un’esigua minoranza considera utile questa “rivoluzione” tecnologica rappresentata soprattutto dallo Spid.

Diverso il discorso in campo sanitario. Qui la digitalizzazione – accelerata e resa necessaria dall’avvento della pandemia – è vista con occhio più benevolo, con particolare riferimento alle ricette elettroniche. Per oltre due terzi dei collaboratori, i nuovi strumenti on line hanno facilitato “in parte” o “del tutto” le richieste di farmaci e le prescrizioni, limitando in modo sostanziale gli accessi negli studi medici. Di contro, per circa il 30% delle persone coinvolte nell’indagine, la digitalizzazione sanitaria non sta influendo positivamente nella quotidianità e il problema è evidentemente legato all’impossibilità o alla difficoltà di accedere ai servizi via web se non con l’aiuto di qualcuno.

Le complicazioni coinvolgono soprattutto i grandi anziani, quelli con più di 85 anni che in Veneto sono un esercito composto da oltre 180 mila individui, per tre quarti donne. Per l’87% dei collaboratori, gli over 85 non sanno utilizzare internet e devono quindi chiedere aiuto a figli, nipoti, parenti o amici per accedere ai servizi telematici. Scendendo con l’età, la tecnologia diventa più familiare. Chi ha fra i 75 e gli 84 anni non sa utilizzare internet secondo il 57% degli intervistati, ha qualche conoscenza per il 38,8%, mentre solo per il 3,7% non ha problemi con la navigazione on line. Gli anziani di età compresa fra i 65 e i 74 anni, invece, hanno più dimestichezza con il web: secondo il 96% degli intervistati lo sanno usare in parte (74%) o del tutto (22%). Solo per il 4% non sono in grado di farlo.

«I risultati dell’indagine confermano i nostri timori ma anche le nostre speranze – commentano dallo Spi Cgil regionale -. Una parte di anziani, soprattutto over 80, sta avendo grandi difficoltà con la digitalizzazione, e ha dunque bisogno di essere accompagnata in questo nuovo percorso, come facciamo noi grazie i nostri operatori presenti in ogni comune del Veneto. Non possiamo pensare, infatti, di lasciare sola e di emarginare una parte così consistente e importante di popolazione che, fra l’altro, utilizza di frequente i servizi sanitari e della PA. Noi – proseguono dal sindacato – facciamo la nostra parte, tenendo presente che, come risulta dall’indagine, metà delle nostre strutture territoriali organizza corsi di alfabetizzazione digitale per gli anziani mentre un altro 22% ha in programma di organizzarli nei prossimi mesi. D’altra parte, guardando sempre ai risultati del questionario, per il 54% del campione il Covid ha favorito in modo deciso un approccio tecnologico da parte degli anziani che hanno iniziato a utilizzare internet per comunicare con i propri cari. La speranza, in effetti, è proprio questa. Dato che gli ultra65enni veneti si dimostrano, per nostra esperienza, dinamici e attivi, con il giusto accompagnamento possono raggiungere presto buoni livelli di conoscenza in ambito tecnologico, evitando dunque quel divario digitale che rischia di creare un solco molto pericoloso sul fronte di servizi essenziali come appunto quelli sanitari. Da questo punto di vista, anche i Comuni devono prendersi carico del problema, aiutando le persone meno tecnologiche a districarsi in questa nuova frontiera. È indispensabile, in questa fase, che enti e servizi pubblici attivino – o mantengano aperti – degli sportelli dedicati agli anziani in grado di erogare i servizi in modo tradizionale, senza dirottare tutto sul digitale». 

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