L'anno nero della frutticoltura veneta: perdite fino al 90%

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Un tracollo, quello della frutticoltura veneta, con raccolti quasi azzerati e perdite stimate fino al 90%.  Dopo le albicocche, ciliegie e pesche,  le previsioni sono negative anche per le pere. «Sono 20mila gli ettari vocati a frutteti – commenta Coldiretti Veneto – concentrati per il 70% nella provincia di Verona e nel rodigino,  con una produzione 2021 drasticamente bassa rispetto alle annate precedenti. Sale la preoccupazione tra gli agricoltori che sono in molti a non sapere se continuare a investire in questo comparto. I segnali non sono positivi neppure per il  kiwi, la cui maturazione è quasi pronta per l’avvio della campagna il prossimo mese».

Il clima pazzo sconvolge la natura con l’addio in Italia a quasi un frutto su quattro per il crollo di oltre il 27% della produzione nazionale in un 2021 segnato in media da quasi sei eventi estremi al giorno tra siccità, bombe d’acqua, violente grandinate e gelo che hanno compromesso pesantemente i raccolti. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su «2021, l’anno nero della frutta Made in Italy», diffusa in occasione del Macfrut di Rimini il più grande salone della frutta e verdura Made in Italy, sulla base della banca dati dell’European Severe Weather Database (Eswd).

«Il timore è che il 2021 sia un’annata troppo difficile per i nostri imprenditori frutticoli – commenta Carlo Salvan vice presidente regionale di Coldiretti, presente alla manifestazione con una delegazione di imprenditori veneti – e che si vada verso una rinuncia della coltivazione di frutta a favore di altre meno fragili e più redditizie. Chiediamo alla Regione e agli altri enti interessati di non lasciare soli i produttori in questa situazione drammatica. Si rende necessario pensare a soluzioni diverse, come Coldiretti lo sollecitiamo da tempo; la frutticoltura è in pericolo di estinzione e con essa tutta la filiera, vanno quindi messe in campo più risorse e più strumenti per ridare speranza al settore».

L’andamento climatico anomalo con l’inverno bollente, il gelo in primavera ed una estate divisa tra caldo africano, siccità e violenti temporali – sottolinea la Coldiretti – hanno prima danneggiato le fioriture e poi i frutti con i raccolti Made in Italy che sono scesi al minimo da inizio secolo. Il risultato è un calo che riguarda tutti i prodotti, dalle mele (-12%) alle pere (-69%), dalle susine (-33%) ai kiwi (-29%), dalle albicocche (-37%) alle pesche (-48%) fino alle ciliegie (-20%) secondo l’analisi della Coldiretti rispetto alla media dei cinque anni precedenti.

Una situazione drammatica per i produttori colpiti dalle calamità che in molti casi hanno perso un intero anno di lavoro, ma che riguarda anche i consumatori che hanno visto salire i prezzi.

La crisi dell’ortofrutticolo

Il settore ortofrutticolo nazionale garantisce all’Italia 440mila posti di lavoro, pari al 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato grazie all’attività di oltre 300mila aziende agricole su più di un milione di ettari coltivati in Italia e vanta ben 113 prodotti ortofrutticoli Dop e Igp. L’Italia della frutta – sottolinea Coldiretti – primeggia in Europa con molte produzioni importanti: dalle mele alle pere, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne ma anche per molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi.

Per difendere questo patrimonio nazionale dagli effetti dei cambiamenti climatici e tutelare le imprese e le famiglie – evidenzia Coldiretti – è strategico promuovere l’applicazione e la diffusione di misure di gestione del rischio.

«Sostenere l’adesione delle aziende agricole a questi strumenti è un’esigenza imprescindibile considerato che, ad oggi, meno del 20% della produzione lorda vendibile agricola nazionale risulta assicurata nonostante la maggiore frequenza ed intensità di eventi climatici estremi ai quali si aggiunge la volatilità dei prezzi che caratterizza il mercato globalizzato» afferma il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, nel sottolineare che «con la collaborazione fra Stato e Regioni è necessario promuovere strumenti di gestione del rischio moderni, riguardanti sia la difesa attiva che passiva delle colture e volti a tutelare le imprese e i loro redditi».

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