Apparecchiature sanitarie obsolete nel nord Italia: il 70% dei mammografi ha più di 10 anni

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Strutture sanitarie pubbliche e private con apparecchiature di diagnostica per immagini come risonanze magnetiche, Pet, Tac, angiografi e mammografi obsolete: nel Nord Italia, a fronte di un periodo di adeguatezza di 5 anni, il 69% dei mammografi convenzionali ha superato i 10 anni di età, il 73% delle Pet ha più di 5 anni e il 52% delle Risonanze Magnetiche da 1,5T.

A fotografare lo stato di vetustà del parco tecnologie di diagnostica per immagini in uso presso le strutture sanitarie italiane pubbliche e private sono i dati presentati dall’Osservatorio parco installato (Opi) di Confindustria dispositivi medici che offre un focus sulla situazione delle strutture sanitarie del Nord Italia.

Apparecchiature obsoleti nelle strutture sanitarie del nord Italia: i dati

I dati dell’ultima analisi restituiscono una fotografia ancora preoccupante della dotazione delle strutture sanitarie nelle regioni del Nord: con un’età media dei mammografi di tipo convenzionale pari a 13,3 anni e l’11% delle Risonanze Magnetiche > di 1,5 T ed il 33% delle PET con più di 10 anni.

Un segnale in controtendenza si intravede per quel che riguarda i dati relativi agli ecografi portatili, che nel 78% dei casi sono stati acquistati dalle strutture sanitarie, pubbliche e private del Settentrione, meno di 5 anni fa, così come il 66% dei sistemi digitali ad arco per la chirurgia, utilizzati per l’uso complementare delle procedure chirurgiche e interventistiche e l’82% degli apparecchi radiologici portatili.

«L’indagine realizzata dall’Osservatorio parco installato – ha commentato Aniello Aliberti, Presidente di Elettromedicali e Servizi integrati – ha fotografato una situazione di evidente vetustà delle tecnologie di diagnostica per immagini presenti nel nostro Paese. Situazione che, verosimilmente, non risparmia nessuna area geografica italiana. In regioni particolarmente colpite dall’emergenza sanitaria come la Lombardia od il Veneto e la provincia di Bergamo o quelle di Trento e Bolzano, ritroviamo ancora apparecchiature obsolete, al limite dei parametri consentiti per un corretto utilizzo clinico.

La posizione del Sirm

La Sirm (Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica), che raccoglie tra i suoi soci la pressoché totalità dei radiologi italiani, ha condiviso, in un progetto collaborazione fra industria e società scientifica, i dati dell’Osservatorio di Confindustria Dispositivi Medici.

«I radiologi italiani – dichiara il Presidente Sirm Dr. Vittorio Miele – si trovano a dover affrontare, con attrezzature non sempre all’avanguardia, la sfida quotidiana della diagnosi e del trattamento miniinvasivo dei pazienti sia ospedalizzati che ambulatoriali, dovendo garantire livelli di qualità ai processi decisionali e terapeutici della moderna medicina. Promuoviamo fortemente l’uso di attrezzature up-to-date, per garantire la sicurezza ed il rispetto dei livelli di radioesposizione al paziente in linea con le nuove disposizioni di legge (D. Lgs. 101/2020) inerenti l’uso delle radiazioni ionizzanti per la diagnostica per immagini e per le procedure di radiologia interventistica. La tecnologia da sola certamente non basta».

Secondo la Sirm è necessario che dietro ogni macchina ci siano professionisti preparati, che garantiscano al paziente un’assistenza di qualità e le condizioni irrinunciabili di sicurezza. Tuttavia è indispensabile, in una disciplina ad incalzante evoluzione, programmare accuratamente il rinnovamento tecnologico. La Sirm ritiene che le attrezzature nei primi 5 anni dall’installazione riflettono lo stato aggiornato delle tecnologia. Tra i 6-10 anni, sono sufficientemente idonee per l’uso, se vi è adeguata manutenzione e aggiornamento. Delle apparecchiature di oltre 10 anni deve esser prevista la sostituzione perché non più rispondenti a criteri di massima efficienza ed efficacia. In tal senso, il documento Sirm sull’obsolescenza delle attrezzature radiologiche, in linea con gli altri paesi europei, risulta di sicuro ausilio.

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