L'affondo di Confindustria Vicenza sulla politica. «Stop improvvisazione e incompetenza»

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Vicenza, appello di Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza, alle istituzioni. Il messaggio è chiaro: il tempo stringe, la crisi economica è sempre più profonda e urgono soluzioni a breve termine, un piano chiaro di investimenti per i fondi europei, istituzioni forti e maggiore attenzione a imprese e persone colpite profondamente nel portafoglio e nel quotidiano dalla pandemia.

L’appello di Vescovi:« Basta improvvisazione, basta incompetenza»

«Il tempo è finito. Basta improvvisazione, basta incompetenza. Serve uno scatto di dignità da parte delle persone che, nella società civile, hanno senso di responsabilità. E guardo alle associazioni imprenditoriali, ai sindacati, all’università, alla scuola – con il coinvolgimento necessario e fio ad ora dimenticato degli studenti – e al terzo settore.  È finito il tempo degli schiamazzi e delle rivendicazioni di parte e di retrobottega: dobbiamo metterci insieme, fare sintesi, fare tutti un passo indietro e dare, tutti, un contributo in base alle rispettive competenze e capacità, con lo stesso spirito della Costituente. Dobbiamo farlo ora, non c’è più tempo di aspettare. Lo spettacolo che abbiamo visto a Palazzo Madama non è degno dei milioni di persone che soffrono in questo paese, perché, se si continua così, il peggio deve ancora venire.

Questo paese ha sperperato le proprie ricchezze e ora sta sperperando anche i propri debiti: questo modo di fare deve avere una scadenza e quella scadenza deve essere oggi. Bisogna smetterla con la storiella che abbiamo 209 miliardi in tasca da regalare a destra e a manca. In Europa, specialmente quando si parla dei debiti dei propri figli (perché di questo stiamo parlando, delle risorse delle nuove generazioni) non sono mica tutti racconta-favole come qui da noi: i soldi ce li danno a fronte di progetti seri. Dove sono? Che obiettivi e tempi hanno? Chi li sta curando e su quali basi? Chi sarà il responsabile del successo o del fallimento di questo lavoro? L’accordo sul recovery fund è dell’estate scorsa: cosa diavolo è stato fatto davvero? Un programmino vago da campagna elettorale che verrebbe bocciato nella più scalcagnata delle aziende.

L’Europa, che ci darà e presterà i fondi, ce lo ha detto chiaro e tondo che così non va. Ed è vero: così non va! La gente che lavora, in tutti i settori, da quelli più colpiti come il turismo o la ristorazione, fino a quelli che riescono a continuare a produrre e quindi a tenere in piedi l’Italia, ha bisogno che lo Stato sia finalmente un partner, che prenda atto della realtà e che agisca di conseguenza. Per vivere, mangiare, vestirsi, curarsi, studiare, viaggiare, costruire una famiglia, crescere i figli, dar loro e al mondo che li circonderà un futuro sostenibile, ovvero, per essere felici: dobbiamo faticare, dobbiamo lavorare, sono conquiste che dobbiamo portare avanti giorno per giorno.

La maggioranza degli italiani, in mille forme, con grande ingegno, con grande sforzo, con grande dedizione, lo fa. Ma lo fa ‘nonostante’. Nonostante il peso dello Stato, nonostante le inefficienze della burocrazia, nonostante la criminalità organizzata, nonostante l’irrilevanza su molteplici fronti internazionali, nonostante la mancata pianificazione industriale, nonostante una scuola e una sanità

depotenziate, nonostante un’università lasciata a sé stessa. Ma ora basta! Bisogna uscire da questo vortice. A ottobre 2020, alla nostra assemblea, con – e lo dico con grande rammarico – il plauso di tutti gli imprenditori di Confindustria Vicenza, dissi che abbiamo una parte della classe dirigente nazionale che fa pena. I fatti non mi hanno smentito. È una situazione che abbiamo colpevolmente sopportato per troppo tempo. Ma il Covid-19 ci ha messo con le spalle al muro, la polvere sotto il tappeto non ci sta più e ce ne stiamo rendendo conto nel peggiore dei modi.

Le istituzioni nazionali, di fronte al loro palese fallimento, abbiano finalmente l’umiltà di fare squadra con il resto del paese ma, dall’altra parte, la società civile deve prendersi fino in fondo le proprie responsabilità: usciamo dalle logiche di parte, facciamo il doveroso mea culpa, riuniamo le migliori menti del paese assieme a coloro che hanno il potere di fare e di cambiare le cose, stabiliamo insieme (studiando, guardano i dati e i numeri, ascoltando il paese reale e, senza vergogna, guardando a coloro che hanno fatto meglio di noi, prima di noi) che Italia vogliamo per i nostri figli.

Tutto questo incoraggiati dal fatto che una guida, che gode della fiducia degli italiani, il paese in realtà ce l’ha ed è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una persona che vuol davvero bene al paese e che può essere il garante ultimo di un patto tra gli eletti nelle sedi istituzionali e il paese reale. Un patto che, ad oggi, purtroppo, pare tradito. Il mio appello, quindi, è a tutti gli attori più importanti della nostra società civile: chi ha il coraggio e l’orgoglio di metterci la faccia?»

 

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