Risparmiatori popolari venete, i rimborsi slittano ancora

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Ennesimo rinvio per i rimborsi ai risparmiatori truffati dalle banche popolari venete oggi in liquidazione. Doveva essere decisivo il consiglio dei ministri del 4 aprile 2019, che ha dato il via libera al decreto legge “Crescita” con la formula “salvo intese” che lascia aperta la possibilità di modifiche in base agli equilibri da trovare nella maggioranza giallo-verde.

Ma l’altro piatto forte del vertice di governo a Palazzo Chigi, appunto il decreto sul fondo di rimborso ai risparmiatori, non è stato servito. La discussione, che divide da un lato il ministro dell’Economia Giovanni Tria e dall’altra i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, non è arrivata a un punto di caduta.

Il lavoro di mediazione interno alla maggioranza e con le rappresentanze dei cittadini truffati prosegue. Il premier Giuseppe Conte incontrerà le associazioni dei risparmiatori lunedì 8 aprile, e il giorno successivo è previsto un nuovo consiglio dei ministri con l’obiettivo di sciogliere il nodo.

Fondo risparmiatori, i perché dello stallo

Il nodo è tecnico e coinvolge in prima persona il ministero dell’Economia. Sul fronte politico, infatti, c’è lo stanziamento previsto nella legge di stabilità 2019, pari a 1,5 miliardi di euro in tre anni, destinato a rimborsare una platea di circa 200 mila risparmiatori di 11 banche liquidate tra il 2015 e il 2017, con un massimo di 100 mila euro per ogni singolo indennizzo.

Inizialmente i ristori dovevano avvenire con un meccanismo automatico, bocciato dalla Commissione europea perché configurerebbe un profilo di illegittimità. La soluzione alternativa, concordata tra Bruxelles e il ministro Tria, prevede tra le altre cose la costituzione di una commissione tecnica di nove esperti che dovrebbe vagliare ogni richiesta di rimborso, esperti che oltre alla “competenza, onorabilità e probità”, già previsti in legge di stabilità, dovrebbero anche garantire requisiti di “indipendenza”. Inoltre si profila l’ipotesi di un doppio binario, in cui una parte dei risparmiatori – quelli con Isee fino a 35 mila euro – avrebbero accesso diretto ai fondi, per “motivi sociali”.

Tria intende firmare solo il decreto integrato con le modifiche concordate con Bruxelles, per non esporre i suoi funzionari al rischio di responsabilità contabile sulle decisioni della commissione. Dall’altra parte Di Maio e il Movimento 5 Stelle non accettano modifiche non concordate anche con le associazioni dei risparmiatori, come ad esempio il doppio binario, che rischia di spaccare la platea in gruppi concorrenti. La Lega in questa partita si appella alla velocità della decisione che deve arrivare, secondo Salvini, entro lunedì.

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