Autonomia, Stefani: «L'accordo non c'è». E Conte: «Ci vorranno mesi»

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Il treno dell’autonomia differenziata per Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna rimane fermo in stazione. E ci vorranno mesi per farlo ripartire. L’ultima puntata della vicenda risale al 14 febbraio 2019, quando il consiglio dei ministri ha preso atto delle «intese» (vedremo che non erano tali) raggiunte tra il ministro Erika Stefani (Affari regionali) e i tre enti. Il sentore della frenata c’era già, nelle parole dei Cinque stelle che sottolineavano l’importanza di far passare le decisioni in merito per un dibattito parlamentare.

Ieri 21 febbraio durante il question time al Senato il premier Giuseppe Conte ha dettato i tempi del percorso: un passaggio che, ha detto il presidente del consiglio, «ci occuperà nei prossimi giorni, settimane, mesi». Tempo in cui il governo porterà avanti l’istruttoria già in corso «propedeutica alla redazione di un testo condiviso con le Regioni».

Parole nette di Conte sono arrivate poi a smorzare gli entusiasmi di chi sogna un’autonomia radicale, quella sul fronte fiscale: «Non è previsto il alcun modo – ha detto il premier in Senato – il riferimento ad indicatori collegati all’introito fiscale». Addio quindi al sogno di tenere i nove decimi delle tasse in Veneto, come avviene nelle province autonome di Trento e Bolzano.

Stefani: «Autonomia, l’accordo non c’è»

E il testo già portato al consiglio dei ministri appena una settimana fa dal ministro Erika Stefani? «Sono contenta che nasca una discussione dentro il Parlamento ma anche fuori» ha detto lei il 21 febbraio alla commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale.

Precisando poi: «I testi non ci sono, perché l’intesa non c’è. Stiamo tutti parlando di come parlamentarizzare la discussione, se è emendabile o non è emendabile. Signori, l’intesa non c’è. I nodi da sciogliere sono numerosi. Vedo testi che stanno circolando, ma sono dei testi anche errati. Le bozze sono stati di trattativa, magari solo la richiesta della Regione senza la parte del ministero. Sulla parte ambientale, la sanità, le infrastrutture, i beni culturali, non c’è accordo».

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