Banche venete, 40mila nel limbo dei "crediti incagliati"

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Circa 40mila aziende e famiglie che avevano un debito aperto con le ex banche venete Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca si trovano ora in un limbo. La loro posizione è classificata come “inadempienze improbabili”, in gergo i loro crediti sono “incagliati”, cioè non ancora in sofferenza ma che hanno dato segni di difficoltà.

Valgono 8 miliardi di euro prestati dalle due banche ad imprese e cittadini, e sono passati sotto la gestione della liquidazione coatta amministrativa, insieme ad altri 9 miliardi circa di sofferenze vere e proprie. I crediti “in bonis” invece, quelli cioè non problematici, sono passati sotto la gestione di Intesa Sanpaolo che ha rilevato filiali e attività delle due ex banche popolari, e che conta di recuperarle i soldi prestati.

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Che ne sarà invece dei 40mila debitori passati alla gestione in liquidazione, metà dei quali sono nelle regioni del Nord Est? A sollevare il problema è l’avvocato veronese Marco Rossi sulle pagine del Giornale di Vicenza, in un articolo firmato da Piero Erle il 1 settembre 2017.

I crediti in sofferenza e incagliati (oltre 18 miliardi in tutto) passeranno alla società Sga del Ministero dell’Economia che avrà come compito principale quello di recuperare i crediti in sofferenza. Ma un piano definito d’azione ancora non c’è e si è ancora in attesa dei decreti attuativi che devono essere emanati dal governo. «Plausibilmente – spiega Rossi al Giornale di Vicenza – potrebbero vedersi revocato il fido, che potrebbe essere una spinta verso il fosso: la paura è questa. Il tema quindi sarà esaminare una a una le pratiche e i soggetti che sono in difficoltà».

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Il rischio è che se Sga busserà alle porte di questi debitori per chiedere i soldi indietro, questi potrebbero non avere la possibilità di restituirli al momento. Si tratterebbe di studiare piani di rientro ad hoc, tema su cui domina l’incertezza. Ad aggravare la situazione è il fatto poi che molti di questi debitori sono stati già danneggiati in passato dalle cosiddette operazioni “baciate”, la pratica finita sotto la lente della magistratura secondo cui gli istituti erogavano prestiti a fronte dell’acquisto di azioni. Insomma hanno già pagato per comprare titoli che poi si sono rivelati carta straccia.

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