Medicine di gruppo integrate, avanti piano: 50 progetti in Veneto

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Le medicine di gruppo integrate (Mgi), cioè gli studi di medici di base e specialisti che condividono spazi e prenotazioni allungando gli orari di apertura, cominciano lentamente a diffondersi in Veneto. Sono uno dei pilastri del Piano socio-sanitario regionale 2012-2016: servono a ottimizzare le risorse (i medici condividono spese e servizi) e a sgravare i pronto soccorso e i grandi ospedali dall’afflusso di cittadini che si rivolgono per malattie croniche o visite di routine.

Ma solo da pochi mesi le Mgi si vanno diffondendo, dopo che nel 2015 è stato stipulato il contratto di esercizio che norma i rapporti fra medici delle Mgi e Regione Veneto. Da settembre 2015 ad oggi sono stati approvati 50 progetti, che coinvolgono 449 medici di base che assistono una popolazione di circa 627mila abitanti, in tutte le Ulss tranne la 4, 5, 9, 22. È anche vero che dei 3.500 medici di base operanti in regione, dal 2010 è diminuita fino al 14% la percentuale di coloro che lavorano da soli: forme associative sono diffuse in tutto il Veneto, si tratta ora di uniformarle ai nuovi criteri.

È Domenico Mantoan, direttore generale dell’area sanità e sociale della Regione, a snocciolare i numeri, intervenendo oggi al convegno “Quale sistema socio sanitario per il territorio veneto e per la nostra gente”, organizzato dai pensionati della Fnp Cisl Veneto oggi a Creazzo (Vicenza).

A nove mesi dalla sua scadenza, il Piano socio-sanitario regionale 2012-2016 (Pssr) è a metà strada nella sua attuazione, ha spiegato Mantoan. Un ritardo dovuto a problemi di “cambio mentalità” dei diversi attori, basti pensare che la trattativa con i medici di base per arrivare lo scorso anno al contratto di esercizio per le medicine di gruppo integrate (Mgi) è durata due anni, ma che potrà essere colmato in breve tempo.

«Con il ritmo adottato negli ultimi mesi, e con l’accelerazione che ci sarà nei prossimi, in due anni porteremo a compimento le Mgi, gli ospedali di comunità e la riforma delle Ipab», ha detto Domenico Mantoan. La Fnp ha sostenuto sin dall’inizio la bontà del Pssr, ha avuto da Mantoan anche l’assicurazione che il pdl 23 sulla riorganizzazione delle Ulss e la creazione dell’Azienda Zero (in discussione in V commissione in Regione) non bloccherà l’attuazione del piano: «Abbiamo scritto il pdl 23 come naturale prosecuzione del Pssr – ha precisato il dg – I risparmi che deriveranno dalla riorganizzazione amministrativa, dagli appalti su scala regionale per esempio, serviranno a finanziarlo ulteriormente». Quando la discussione politica toccherà il pdl 25 sulla riforma delle Ipab, conclude Mantoan, ci sarà un ulteriore passaggio: «Nel Pssr è previsto che nelle Ipab possano esserci strutture intermedie come le Unità riabilitative territoriali, o anche le Mgi. L’Ipab che deciderà di diventare Apsp avrà il sostegno della Regione, quella che diventerà fondazione entrerà nel libero mercato».

Il pilastro del Pssr 2012-2016 è lo sviluppo dell’assistenza territoriale su modelli integrati che hanno il Distretto come regia di una rete composta da Mgi, strutture residenziali (Centri di Servizio), l’Unità riabilitative territoriali (Urt), Ospedali di comunità (Odc), hospice e i servizi domiciliari comunali. Le relazioni di Maria Chiara Corti, responsabile settore Strutture di Ricovero Intermedie e Integrazione socio-sanitaria del Veneto, e di Cristina Ghiotto, responsabile settore Assistenza Distrettuale e Cure Primarie, hanno portato dati aggiornati su quanto fatto sinora. Il percorso di realizzazione delle strutture di ricovero intermedio Odc e Urt è circa a metà strada (a oggi 435 posti letto attivati, con previsione di chiudere il 2016 a 761, rispetto ai 1.236 previsti dal Pssr) mentre la filiera degli hospice è all’80%.

«L’obiettivo di questo convegno era fare informazione e lo abbiamo raggiunto – ha commentato Luigi Bombieri, segretario generale Fnp Cisl Veneto – Vigileremo ancora per verificare che l’accelerata all’attuazione del Pssr duri due anni e confidiamo nella ripresa del confronto, soprattutto il prossimo anno quando sarà necessaria una verifica dopo la scadenza del piano».

«Se è vero che del lavoro è stato fatto precisa il segretario – è altrettanto vero che non c’è stato passaggio di informazioni, e restano molti problemi di natura quotidiana soprattutto per gli anziani che si vedono sballottati da una struttura all’altra. Oggi qui sono presenti 260 pensionati dei nostri direttivi territoriali, che ora hanno gli strumenti per relazionarsi con le proprie Ulss e i propri sindaci».

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