Kiwi a rischio: a Verona la ricerca anti-batterio

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A rischio l’“oro verde” del Veneto. Minacciata da una batteriosi che sta infestando le colture ormai da qualche anno, la produzione di kiwi in Veneto, e in particolare nel veronese, è sempre più in difficoltà, con giacenze superiori del 30-33% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato.

È per la tutela del comparto che si è sviluppato un progetto promosso dalla Regione Veneto che ha previsto un finanziamento regionale di 1 milione di euro al dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, con l’obiettivo di studiare metodi di contrasto all’infezione batterica che sta mettendo in ginocchio l’intera filiera del territorio. I primi risultati del programma sono stati presentati a palazzo Balbi dall’assessore all’Agricoltura Giuseppe Pan e dal prorettore dell’ateneo scaligero Antonio Lupo.

In Veneto il 15% dei kiwi italiani

I numeri presentati dall’assessore Pan danno misura di quale danno si stia profilando per gli agricoltori del Veneto, regione leader nella coltura del kiwi: «Con 55 mila tonnellate annue, mille produttori e 3200 ettari coltivati, di cui 2500 nella sola provincia di Verona – ha affermato Pan – il Veneto rappresenta circa il 15% dell’intera produzione nazionale, la prima al mondo di questo frutto esotico, originario della Cina, e che è oggi una delle produzioni vincenti dell’export tricolore. Per questo la Regione ha voluto investire oltre un milione di euro per la sua valorizzazione».

Allarme a Verona: produzione in calo del 25%

Valorizzazione e protezione, dal momento che le campagne veronesi, dove è concentrata la maggior parte della coltura regionale, da diversi anni è vittima di una reticente infezione batterica che ha colpito quasi 900 ettari sui 2500 totali. I produttori di Verona sono in allarme: «Nel corso del 2015 – ha calcolato Fausta Bertaiola, presidente dell’organizzazione dei produttori del Consorzio Ortofrutticolo padano – la produzione scaligera di kiwi ha registrato un calo del 25%: individuare terapie per salvare le nostre colture diventa sempre più urgente».

L’Università mappa i geni del batterio

È partito da questi dati, importanti in negativo, il progetto di ricerca che ha coinvolto l’Università di Verona. «Grazie ai fondi della Regione abbiamo ricostruito la mappa dei geni del batterio e cercato di capire perché la batteriosi aggredisca proprio il kiwi – ha spiegato Annalisa Polverari, patologa vegetale del dipartimento di Biotecnologie – ora stiamo cercando le sostanze meno tossiche per inibire il contagio. Stiamo testando la somministrazione di nanoparticelle ad alta affinità con i tessuti vegetali in modo da curare la pianta con una semplice irrorazione, anche se già contagiata dal batterio-killer Psa (Pseudomonas Syringae actinidiae)».

La ricerca ora prosegue nella direzione di rendere disponibili per gli agricoltori mezzi di contrasto naturali ed efficaci per limitare l’infezione. «Questo è un esempio virtuoso di ricerca applicata e trasferita sul campo – ha chiosato il prorettore Lupo – che dimostra come sia possibile spendere bene i soldi dei veneti coniugando l’eccellenza universitaria con le esigenze del mondo produttivo». I risultati dello studio, ancora in essere, sono indicati anche sul sito rivolto a produttori e consumatori http://www.okkiwi.it.

Camilla Pisani

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