Popolare Vicenza, dal 4 gennaio nuovi servizi per le imprese

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Il 4 gennaio 2016 la Banca Popolare di Vicenza ha in agenda il rilancio delle sue attività commerciali. La riorganizzazione è in corso e porterà a regime a due business unit: community banking rivolta alle famiglie, e poi la novità più importante, 15 centri affari dislocati sulla direttrice dell’autostrada A4 da Milano al Friuli dove concentrare i corporate banker e le competenze su internazionalizzazione, mini bond e quotazione in Borsa per le Pmi. Il regista è Iacopo De Francisco, da giugno vice direttore generale vicario, responsabile della divisione mercati.

Iacopo De Francisco

Iacopo De Francisco

De Francisco, a che punto siete nel percorso verso l’aumento di capitale?

Abbiamo cinque banche che stanno agendo come global coordinator. Sarà la prima volta nella storia della Banca Popolare di Vicenza in cui l’aumento di capitale sarà indirizzato anche a investitori istituzionali. A breve inizieremo questa attività di presentazione, di fronte al mercato internazionale. All’inizio dell’anno prossimo rafforzeremo il dialogo con gli azionisti del territorio per spiegare il valore dell’operazione: questo aumento di capitale serve soprattutto per rendere la banca solida, forte e pronta a erogare 15 miliardi di credito nei prossimi cinque anni.

Attraverso quali tappe si arriverà alla chiusura della ricapitalizzazione in aprile 2016?

Un’assemblea dei soci verso metà marzo approverà i conti del 2015 e il percorso di trasformazione, quindi ci saranno la trasformazione in Spa, l’aumento di capitale e la quotazione ad aprile.

Come convincerete a sottoscrivere i piccoli soci che ha vissuto il taglio del valore delle azioni, l’impossibilità di venderle, e sui giornali leggono l’inchiesta della magistratura e i presunti favoritismi ai soci “forti”? Ci saranno incentivi per loro?

A un investitore che abbia investito nei titoli della BpVi, oggi, la pancia dice: “Soldi non ne do più”. Ma l’investitore razionale non dovrebbe ascoltaer la pancia e capire che la possibilità per rientrare nell’investimento passa dal comprare ulteriori titoli e beneficiare dell’andamento che i titoli avranno. Pensiamo ci sarà qualche vantaggio per i soci che vogliano sottoscrivere: stiamo ragionando sulla modalità migliore per farlo, se all’atto della sottoscrizione, o warrant, o tipo bonus share. Ma pensiamo che ci sarà qualche vantaggio per i soci.

Quale tipologia di investitore avete in mente?

Vogliamo che questa rimanga una banca con una forte presenza di famiglie e azionisti del territorio. È naturale che però entrino anche investitori istituzionali, come avviene in tutte le popolari quotate, dove la loro presenza non impedisce di giocare il ruolo di banche a sostegno del territorio. Un ruolo che la Popolare di Vicenza ha giocato in modo importante anche in quest’anno di difficoltà, erogando 5 miliardi di euro di credito. A maggior ragione lo farà se dovesse avere una percentuale del nostro patrimonio sociale in mano a investitori istituzionali, che investono per fare soldi.

Primi riscontri?

C’è un grande interesse verso il progetto di rilancio del piano industriale e verso una banca che ha il suo territorio nel nordest, e questo ha un valore per tutti inestimabile.

Unicredit vi fornisce la garanzia sull’aumento di capitale. Quanto peserà sulla futura gestione della banca se non sarà raggiunto l’obiettivo del miliardo e mezzo?

Unicredit si è impegnata a sottoscrivere quello che non verrà sottoscritto dal mercato, punto. Uno scenario che al momento non si prospetta. Certamente non ha intenzione di comprarsi la Banca Popolare di Vicenza o di fare questa operazione per avere una quota azionaria. Hanno già i loro problemi come ha visto nel piano industriale. Il fatto che l’aumento di capitale sia garantito significa che questa banca, nonostante quello che si è letto sui giornali, è solida. Questo miliardo e mezzo alla fine entrerà.

Conferma che la Bce ha rivisto al ribasso – da 10,3% a 10,25% – il requisito minimo Cet 1 per la patrimonializzazione?

Sì, ha abbassato i requisiti, segno che ha fiducia nel percorso di ristrutturazione e rilancio e nel fatto che l’aumento di capitale avrà successo.

Rilancio: in che modo?

In due modi. Il primo proponendo al cliente socio qualcosa di distintivo, stiamo uscendo con regolarità con offerte concorrenziali sui mutui, sui depositi vincolati e, parlando di innovazione, abbiamo lanciato la possibilità di fare prelievi con il bancomat senza la tessera, entro novembre lanceremo i bonifici tra persone via sms, entro fine anno dematerializzazione dell’apertura del conto corrente o della carta di credito; a inizio 2016 avremo il nuovo trading on line, entro il primo trimestre avremo completamente ridisegnato la gamma delle gestioni patrimoniali.

Il secondo?

L’aspetto commerciale sarà strutturato in due business unit, una per il retail che chiamiamo community banking, e una per l’impresa: apriremo 15 centri di eccellenza sul territorio, centri affari che saranno la grande novità del 2016. Qui il corporate banker affiancherà il private banker e altre figure come lo specialista per l’internazionalizzazione, per i mini bond – la BpVi ha solo il 2% della quota di mercato ma bel il 40% del mercato dei mini bond -, specialisti per accompagnare le aziende in Borsa, altro settore dove siamo fra i più attivi, e per fare finanza strutturata. Sono tutte competenze che la banca ha già al suo interno, e che saranno valorizzate, con a completamento qualche utile innesto esterno.

Quando e dove partiranno i 15 centri affari?

La riorganizzazione sarà efficace dal 4 gennaio prossimo. I nuovi centri d’eccellenza saranno nelle nostre zone core, dal nord est, alla Lombardia, alla Toscana. Un numero importante sarà dislocato lungo la direttrice dell’autostrada A4 da Milano fino a Udine.

Riorganizzazione che comporta anche la chiusura di 150 filiali entro marzo 2016. I sindacati chiedono di vedere la mappa della seconda tranche da 75 tagli. E sugli esuberi c’è stata un po’ di confusione: 300 o 350? 

Il cda ha approvato la seconda tranche da qualche giorno, a brevissimo inizieremo con i sindacati questo percorso di allineamento. I numeri degli esuberi li abbiamo scritti chiari e tondi nel piano industriale. Ci saranno due fondi esodi, uno andrà in bilancio quest’anno con le persone in uscita nel 2016, uno andrà in bilancio nel 2019 con le persone in uscita nel 2020. Il primo ha un bacino di 300 persone, il secondo di 275, a fronte di 180 assunzioni di giovani. Tipicamente si hanno più domande del numero di posti disponibili: 300 è il numero complessivo dei posti disponibili al primo giro. Si tratta di partecipazione volontaria a condizioni che riteniamo agevoli, si parla di riconoscere al collega che volontariamente se ne va gran parte dello stipendio per gli anni fino alla pensione, pagando il 100% dei contributi, e con la sicurezza sulla sua situazione pensionistica.

Giulio Todescan

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