Sartoria Concolato, nel cuore di Padova la sfida di Botteghe Digitali

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Nel cuore di Padova sopravvive la più antica sartoria della città, gestita con orgoglio e passione da Silvano Concolato e da suo figlio Marco. Sartoria Concolato ha accettato la sfida di Botteghe Digitali a trasformarsi utilizzando le nuove tecnologie.  Riflettere su se stessi e rinnovarsi per combattere le sfide imposte dal mercato e dalla concorrenza asiatica: questo è l’obiettivo degli artigiani di via Roma, che vantano clienti internazionali tra cui spicca lo scienziato inglese Stephen Hawking.

Anche il Veneto partecipa a Botteghe Digitali, il progetto, promosso da Banca Ifis e dal professore di economia all’Università Ca’ Foscari Stefano Micelli, che insegna a cinque aziende artigiane come rinnovarsi con le nuove tecnologie digitali grazie alla guida di tre coach e di un team di professionisti. Silvano Concolato è il fondatore della più antica sartoria da uomo di Padova, nata nel 1963 in via Roma, dove è sempre rimasta, spostandosi solo di qualche metro per approdare oggi al numero 102. Il figlio Marco ci racconta come è avvenuto l’incontro con Botteghe Digitali e con il coach Nicola Zago.

«Inizialmente mi sono interfacciato con il mio attuale coach per avere un sito internet, ma mi sono sentito rispondere che anche una piccola modifica a un’attività che ha il suo equilibrio può portare più danni che benefici». Così la questione del sito è rimasta momentaneamente in sospeso, perché il coach ha proposto a Marco di prendere in mano l’azienda e gestire il passaggio generazionale. «In realtà volevo da lui questo tipo di risposta, e il progetto sta entrando nel vivo adesso» ammette Marco.

Nelle prossime settimane avverrà la trasformazione in digitale di questa idea, arrivando anche a interessare la digitalizzazione del processo produttivo. «Ci siamo fatti domande che sembrano banali: chi siamo? cosa facciamo? a chi ci dobbiamo rivolgere? – prosegue Marco Concolato –. Ma se tutte le aziende si fermano e ragionare su se stesse scatta un meccanismo che porta miglioramento».

Sartoria Concolato e il rapporto con l’università

Fondamentale per la sartoria Concolato è il rapporto con il territorio, legato soprattutto alla presenza dell’università. «La nostra è una realtà che lavora su misura e costruisce un abito sulla fisionomia del cliente. Padova è una città universitaria che richiama per noi una clientela da tutta Europa, in particolare docenti, ricercatori e avvocati. Il rapporto con il territorio è legato molto all’università. Inoltre vicino a Padova c’è Abano Terme, uno dei bacini termali più grandi d’Europa, da cui arriva clientela soprattutto tedesca e russa. Gli italiani sono una fetta importante dei clienti, diciamo che sono la metà».

Silvano Concolato

Silvano Concolato

Si tratta di clientele diverse, ma al centro sta in ogni caso il valore del made in Italy. «Gli italiani non hanno più la cultura del vestire, fatta eccezione per una piccola nicchia che conserva questo atteggiamento – dice ancora Marco Concolato –. Invece i clienti stranieri hanno di più l’attenzione al prodotto fatto bene, ma non so se sia più un gusto del made in Italy o del vestire bene. È un prodotto che ha un costo, e non tutti hanno la possibilità di farsi fare un abito su misura. C’è chi lo compra una volta nella vita magari perché si sposa, ma per la maggior parte sono professionisti che vogliono dimostrare il proprio status».

L’erede della sartoria Concolato racconta un esempio dell’attrattiva internazionale esercitata dall’università. «Sei o sette anni fa è venuto a Padova Stephen Hawking, invitato dall’università a tenere un convegno. Mio padre ha ricevuto una telefonata dall’assistente, che gli ha detto che il professore voleva un abito per andare in visita dal Papa nel fine settimana. Così è andato subito in albergo a prendergli le misure. Non è facile fare un abito a Stephen Hawking, anche perché avevamo tempi molto contingentati. Lui è stato molto contento e qualche anno dopo ci ha ricontattato per un altro abito e questa volta l’abbiamo spedito: una volta che hai il modello è facile replicarlo».

Made in Italy e concorrenza asiatica

Silvano Concolato fa parte dell’Accademia nazionale dei sartori, un’istituzione che mette insieme i maestri sarti italiani. «La tradizione oggi si è spostata in Asia – spiega Marco –. Chi investe più risorse anche nel campo della formazione oggi sono Taiwan e Hong Kong. È curioso andare ai congressi internazionali e vedere che gli italiani sono pochi e anziani, mentre le nuove generazioni di orientali sono giovani, elegantissime, con una cura maniacale del prodotto». Marco però è convinto che anch’essi si siano formati in Italia, dove qualcuno ha insegnato loro la professione. «La cultura resta italiana. Tanti sono affascinati dal made in Italy e lo fanno proprio. Sono stati molto più bravi di noi a innovarlo, coltivarlo e valorizzarlo».

La chiave del successo sta proprio qui. «Innovare significa sviluppare strumenti e competenze per stare dentro un mercato che non è più quello di 30 anni fa» spiega Marco. Se negli anni Settanta e Ottanta i sarti a Padova erano cento oggi sono rimasti in due, e il territorio è legato a un’attività di tipo tradizionale. Nella sartoria Concolato lavorano tre persone e si producono 100 abiti all’anno. Per ogni abito si impiegano minimo 50 ore di lavoro, quando un abito industriale ne costa tre. «In Italia ci sono altre sartorie tradizionali che se la passano meglio perché hanno saputo innovare e stare sul mercato».

È questa la sfida per il futuro. Conoscere il marchio, sviluppare una comunicazione adeguata, perfezionare il processo produttivo per restare sul mercato. «La sola qualità non basta – afferma il coach Nicola Zago –. Ai Concolato mancava la visione per i prossimi anni. Abbiamo una nuova faccia da spendere che è quella di Marco». Il quale afferma: «Dobbiamo metterci in discussione e chiederci se possiamo migliorare ulteriormente. Non è detto che sia un miglioramento digitale, può essere anche manageriale. L’idea di Botteghe Digitali è dare a queste realtà molto piccole gli strumenti per valorizzare il prodotto».

Rebecca Travaglini

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