Violenza di genere, assistenti sociali e psicologi a confronto: formazione congiunta e reti nel territorio
Come riconoscere i segnali di rischi, proteggere le vittime e trasformare le relazioni e i contesti che alimentano la violenza di genere? Questo uno degli interrogativi al centro del convegno “Riconoscere, proteggere, trasformare: il ruolo del servizio sociale nelle situazioni di violenza di genere”. Un appuntamento promosso dall’Ordine assistenti sociali del Veneto in collaborazione con l’Ordine delle psicologhe e psicologi del Veneto che venerdì 28 novembre, presso il collegio Marianum di Padova, ha messo a confronto professionisti del servizio sociale e psicologi, rappresentanti del mondo sanitario e delle realtà del terzo settore che operano nell’ambito della prevenzione e del contrasto alla violenza di genere.
«La violenza di genere – ha spiegato in apertura Stefania Bon, presidente dell’Ordine assistenti sociali del Veneto, veneziana, alla sua prima uscita in occasione di questo evento – per la sua pervasività e complessità rappresenta una sfida trasversale che interroga profondamente il ruolo e la responsabilità degli e delle assistenti sociali, chiamati a operare in contesti diversificati, dai servizi comunali a quelli socio-sanitari, pubblici e privati». Si tratta, ha aggiunto poi la Presidente, di un fenomeno «che produce conseguenze profonde su più livelli – psicologico, relazionale, sociale, familiare e lavorativo – e che richiede quindi approcci integrati e multiprofessionali». Da qui la scelta di attivare percorsi di formazione congiunti con l’Ordine delle psicologhe e deglii psicologi – questo appuntamento fa seguito a un convegno sul tema della violenza e della discriminazione nei confronti delle persone Lgbtqa co-promosso lo scorso anno – ma anche l’intenzione annunciata di estendere la collaborazione nell’ambito della formazione ad altri ordini professionali.
Uno scambio, quello tra professionisti diversi, non solo assistenti sociali e psicologi, ma anche avvocati, magistrati, sanitari, docenti «fondamentale per costruire reti nel territorio che supportino le donne vittime di violenza, intercettando i segnali, ma anche offrendo un supporto a 360 gradi, che contempli diversi ambiti, penso solo per citare un esempio all’accompagnamento nella ricerca di un impiego come leva per uscire da una situazione di violenza familiare», ha aggiunto Emiliano Guarinon, tesoriere dell’Ordine degli psicologi del Veneto.
Il valore delle reti è stato sottolineato anche dall’assessora alle Politiche Sociali del Comune di Padova Margherita Colonnello che ha evidenziato il valore di appuntamenti di formazione di questo tipo e ha sottolineato poi come il ruolo dell’assistente sociale sia «fondamentale nell’individuazione e presa in carico».
«La violenza di genere – ha aggiunto Anna Dal Ben, ricercatrice dell’Università degli Studi di Padova e consigliera dell’Ordine degli assistenti sociali del Veneto – non è episodica ma sistemica e c’è un enorme sommerso legato al fatto che solo una donna su dieci denuncia. Il ruolo degli assistenti sociali è fondamentale nel riconoscere i segnali, è necessario poi agire sulla prevenzione e sulla cultura, troppo spesso i giovani autori di violenza non sembrano nemmeno consapevoli che i loro comportamenti sono comportamenti violenti. La rete tra professionisti è fondamentale».
«Il servizio sociale – ha spiegato inoltre Stefania Bon – assume un ruolo chiave non solo come attore di tutela e supporto, ma anche come promotore di cambiamento capace di attivare reti di intervento che contrastino la violenza e favoriscano la costruzione di percorsi di fiducia, autonomia e appartenenza».
Se l’intervento di Federica Turlon, avvocato, ha proposto un quadro approfondito relativo agli strumenti giuridici e ai percorsi possibili di tutela Ilenia Mezzocolli, dirigente medico dell’Azienda Zero ha presentato i risultati della mappatura che ha coinvolto tutti i pronto soccorso del Veneto, con l’individuazione di un referente per ogni “centro” per l’applicazione delle linee guida ministeriali, affiancata da un questionario e da verifiche sul campo per sostenere gli operatori dei pronto soccorso nel delicato compito di riconoscere i segnali di violenza e attivare le reti territoriali di protezione.
E proprio il valore delle reti nel territorio è stato uno dei temi ricorrenti nelle pratiche presentate nella seconda parte della mattinata, dall’esperienza dei centri antiviolenza proposta da Emanuela Lozzi, psicologa-psicoterapeuta del Centro Veneto Progetti Donna all’esperienza dell’Aulss8 Berica illustrata dall’assistente sociale Emma Laurora che ha spiegato come nel territorio vicentino sia attivo un protocollo siglato nel 2022 che tiene insieme una vasta rete di soggetti.
Fabiana Micheluzzi, psicologa-psicoterapeuta del Servizio uomini maltrattanti di Padova gestito dal Gruppo Polis, ha invece spiegato come sia fondamentale la collaborazione con i servizi sociali, ma anche con gli psicologi che in alcuni casi «individuano i segnali, nell’ambito di un percorso di psicoterapia di coppia o individuale e indicano alla persona violenta la possibilità di intraprendere un percorso». Micheluzzi ha poi presentato alcuni dati che fotografano l’attività del servizio che ha preso in carico 47 utenti quest’anno -per la maggior parte arrivate attraverso percorsi obbligati, ma in alcuni casi su accesso volontario – persone di diverse estrazioni sociali, con la fascia d’età più rappresentata che va dai 40 ai 50 anni.
Prezioso anche l’intervento di Alessandra Boscato, assistente sociale dell’area minori e famiglie del Comune di Padova, che ha offerto un quadro sul tema “accompagnare senza sostituire: sostenere i legami familiari”.