Fisco, nel 2022 i veneti pagheranno 5 miliardi di tasse in più

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Se l’anno scorso la pressione fiscale in Italia ha toccato il record storico del 43,5 per cento del Pil, nel 2022, invece, è destinata a scendere al 43,1 per cento. In virtù di ciò, solo il prossimo 7 giugno (un giorno prima di quanto successo nel 2021) gli italiani celebreranno il tanto sospirato giorno di liberazione fiscale (o “tax freedom day”).

In altre parole, dopo più di 5 mesi dall’inizio del 2022 (pari a 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche), il contribuente medio italiano smetterà di lavorare per pagare tutti gli obblighi fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.) e dal 7 giugno inizierà a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia.

Come spiega l’Ufficio studi della CGIA, questo “contatore” è un puro esercizio teorico; «tuttavia, questa analisi ha una valenza molto significativa per il Veneto e in generale per il Nordest. In primo luogo, la nostra regione ha una forte vocazione all’export; pertanto, misurare il carico fiscale anche degli altri paesi è importante per capire quanto il prelievo  che grava sulle nostre Pmi costituisca un ostacolo alla diffusione dei nostri prodotti nel mondo. In secondo luogo, in Veneto la fedeltà fiscale è tra le più alte d’Italia, pertanto il nostro carico fiscale è sicuramente sottostimato rispetto al dato  medio nazionale».

Dal confronto con gli altri Paesi europei non emerge un risultato particolarmente entusiasmante. Nel 2020 (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione con i paesi Ue)  i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 5 giugno (quasi 157 giorni lavorativi), vale a dire 4 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’area euro e 6 se, invece,  il confronto è realizzato con la media dei 27 Paesi che compongono l’Unione europea.

Se confrontiamo il “tax freedom day” italiano con quello dei nostri principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+19), mentre tutti gli altri hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale in anticipo. In Germania, ad esempio, questo è avvenuto 5 giorni prima che da noi, in Olanda 11 e in Spagna 20. Il paese più virtuoso è l’Irlanda; con una pressione fiscale del 20,7 per cento, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 76 giorni lavorativi, cominciando lavorare per se stessi il 16 marzo: 81 giorni prima rispetto al nostro “tax freedom day”.

Il livello record di carico fiscale raggiunto nel 2021 non è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto l ’anno scorso a famiglie e imprese, ma alla decisa crescita registrata dal Pil (+6,5 per cento) che, dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-8,9 per cento), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate. Nel 2022, invece, il peso del fisco, sebbene la crescita economica dovrebbe attestarsi attorno al 3 per cento circa, è destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali.   Ciò avverrà anche grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi. Le principali misure approvate l’anno scorso sono:

  • riforma dell’Irpef (-6,4 miliardi di euro di gettito);
  • esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile lorda inferiore a 2.692 euro (-1,1 miliardi di euro);
  • esonero pagamento Irap alle persone fisiche (-1 miliardo di euro);

Se teniamo conto anche del miglioramento delle principali variabili economiche che si riflette sull’andamento del gettito, secondo il DEF lo Stato nel 2022 incasserà 39,7 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021. Di questo importo, l’Ufficio studi della CGIA stima che almeno 5 miliardi saranno in capo ai veneti. Segnaliamo che una parte di questo extra gettito è sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dell’inflazione che, secondo le previsioni, quest’anno potrebbe sfiorare il 6 per cento.  Pertanto, in un momento in cui le famiglie stanno subendo dei rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni, sarebbe auspicabile – secondo la CGIA – che il Governo restituisse il fiscal drag. «Una misura che rafforzerebbe il potere d’acquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, dando un sensibile sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in serie difficoltà economiche».

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