#CasaLavoro, Massimo D’Onofrio: «Priorità difendere il lavoro»

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L’opinione di Massimo D’Onofrio per lo speciale “#CasaLavoro. Fare impresa ai tempi del Coronavirus”, una nuova sezione che venetoeconomia.it apre ai contributi di imprenditori e professionisti. Come reagiscono le imprese di fronte alle nuove disposizioni del governo che riducono fortemente la mobilità per limitare il contagio da Covid 19?

«Si chiarisce sempre meglio ciò che serve per fronteggiare il Covid19 sul lato del lavoro e dell’economia – sostiene Massimo D’Onofrio, presidente UCID Sezione di Padova -. Un grande contribuito l’ha dato l’intervento sul Financial Times di giovedì 26 marzo di Mario Draghi, ex presidente BCE. Con la semplicità di chi le cose le conosce, enuclea  i parametri critici. II quadro di riferimento: una tragedia di dimensioni storiche di cui non c’è un singolo responsabile, equiparabile ad una guerra e come tale va trattata: a debito pubblico. Quali sono le priorità: se è vero che ci sarà comunque un futuro, difendere in via prioritaria il lavoro. Come: liquidità quanto basta. Quando: subito! Anche se lasciata per ultima per necessità espositive, l’urgenza dell’intervento è pregiudizievole sull’esito di qualsiasi manovra. L’obiettivo è trasferire allo Stato il peso di una situazione ingestibile a livello di singola impresa. Accompagnare le aziende nella ripresa apporta tutta una serie di benefici in sinergia fra loro e non surrogabili: si difende il lavoro e dunque il reddito delle famiglie, la domanda; si conservano le imprese che, una volta che il quadro si sarà ristabilito, sono quelle che pagheranno le tasse garantendo il circolo virtuoso di ogni società. La proposta di cui sopra costa, ma – mettiamoci l’anima in pace– nulla costa di meno, nemmeno alla lontana, in termini economici e sociali».

«Sembra una formula semplice sulla quale dovrebbe essere facile trovare convergenza. Ed invece è qui che cominciano i problemi. Le variabili in gioco sono poche ma purtroppo legano male fra di loro – continua il presidente -. L’Italia ha un debito pubblico di 2.400 mld di euro a fine 2019, convitato di pietra che condiziona tutto quello che segue; facciamo parte dell’Europa che, per evitare ulteriori sforamenti di bilancio nazionale a debito, ha imposto, tramite leggi recepite dagli ordinamenti nazionali, il pareggio di bilancio e la negoziazione a livello Comunitario di ogni eventuale deroga (max 3% sul debito). Dove siamo oggi a livello Europa ai tempi del Covid19: essendo un problema comune, tutti i paesi hanno convenuto che le spese relative alla gestione della pandemia potessero andare in deroga al patto di stabilità. Tutto bene allora? Sì e no! L’Europa è divisa in due: ci sono i Paesi del Nord (Germania, Olanda, gli Scandinavi…) auto-definitisi i frugali, che hanno bilanci nazionali in largo positivo e dunque pescando da sotto il materasso (c’è un motivo perché uso questa espressione ma non è il momento di dettagliare troppo), loro sì che possono spendere come Draghi insegna (quanto basta!). E poi ci sono i Paesi del Sud (Italia, Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Slovenia…) economie più fragili che i frugali vedono come quelli che hanno vissuto sopra le loro possibilità (e forse, siamo onesti, per qualcuno/qualcosa ci potrebbe anche stare); ed il Sud non dispone di pingui risparmi da cui attingere».

«L’Europa della politica. Ieri si sono riuniti i capi di stato e di governo che dovevano trovare un compromesso nella contrapposizione Nord c/o Sud – sottolinea D’Onofrio -. Le posizioni: il Sud spinge per l’emissione di titoli Eu (CoronaBond) irredimibili (perpetui, di cui si può incassare solo una cedola), acquistabili della BCE condividendo così lo sforzo finanziario. Il Nord: sì a nuovo debito che però va sommato senza nessuna distinzione a quello precedente accumulato da ciascun Paese; se serve, d’accordo ad utilizzare utilizziamo pure il fondo mes (che, vale la pena di ricordare, concede aiuti a condizioni molto severe ed a fronte di un arretramento nella sovranità nazionale di chi chiede sostegno). Ieri Nord e Sud non si sono accordati; un nuovo incontro è fissato per aprile a data da destinarsi. Non è stato un pareggio: essendo materia che scotta, anche solo dieci giorni di rinvio sono una mano della partita vinta da chi non ha l’acqua alla gola».

«Fa bene il Sud ad insistere sulla propria posizione, ma spero che stia anche preparando un piano B; accettare le condizioni del Nord sarebbe una condanna alla subalternità irredimibile per almeno una generazione – conclude il presidente di Ucid Padova. Ed è un peccato perché sul lungo termine sarebbe una perdita per tutti anche per quelli del Nord che già oggi hanno goduto di benefici pompati dal lato Sud e che ne avrebbero ancora di più grandi in futuro se è vero che dovremo ripensare l’intera filiera della manifattura mondiale. L’Italia è un grande Paese ed anche oggi non vorrei essere da nessuna altra parte; abbiamo risorse che non abbiamo ancora nemmeno censite; sarà dura, ma ce la faremo».

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