Veneto Banca, chiuse le indagini. Per i pm fu "associazione a delinquere"

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La Procura della Repubblica di Treviso ha concluso le indagini sul crac di Veneto Banca, formulando l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa nei confronti di sei indagati, fra cui l’ex amministratore delegato, Vincenzo Consoli. Una truffa che ammonterebbe a più di 100 milioni di euro con oltre duemila vittime.

Secondo le conclusioni dei sostituti procuratori di Treviso, Massimo De Bortoli e Gabriella Cama, il top manager, assieme ad altri dirigenti e responsabili di vari reparti, avrebbe strutturato un sistema volto a raggirare la clientela attraverso la vendita a “condizioni inique” di azioni ed obbligazioni, nascondendo la «situazione patrimoniale e finanziaria assai critica per mettere a segno un numero indeterminato di truffe».

Ogni protagonista della rete, sostiene ancora l’accusa, era consapevole della ingiustificata sopravvalutazione dei titoli, ceduti a prezzi “almeno il 40%” superiori ad una stima ragionevole, almeno a partire dal 2012. La circostanza, in 4 anni, avrebbe provocato danni totali ai sottoscrittori di oltre 107 milioni.

La Procura ha inserito anche le contestazioni per il meccanismo delle ‘baciate’, le azioni acquistate tramite finanziamenti erogati dallo stesso istituto. Sempre secondo le contestazioni dell’accusa, gli indagati, infine, avrebbero indotto il personale delle filiali ad esercitare insistenti pressioni sulla clientela affinché fosse incrementata la vendita di titoli, pur diretta a soggetti inconsapevoli, per grado di istruzione o per età, dei rischi connessi alle operazioni.

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