Dai lombrichi ai led: al Flormart Future Village l'agricoltura di domani

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Microrganismi e cupole che permettono agli alberi di crescere in città. Ma anche chatbot, certificazioni e sistemi per il monitoraggio delle colture. Sono molte le innovazioni nell’agricoltura: si concretizzano in soluzioni altamente tecnologiche ma anche in nuovi modi di vedere e studiare pratiche tradizionali come la lombricoltura.

Otto i protagonisti di “Innovation Stories. L’impresa del verde 2.0ciclo di incontri realizzati in collaborazione con VenetoEconomia che ha fatto tappa a Flormart 70, all’interno del Flormart Future Village che ospita startup, aziende e centri di ricerca.

L’incontro è iniziato con il primo panel, “Innovare per competere nel florovivaismo”, che ha masso a confronto Luca Renzanigo di Teorema Engineering, digital advisor del mondo IT, Stefano Rossi di Bioagricert, ente di certificazione e controllo indipendente, e Luca Rossi di Gesag, software house specializzata nel settore agricolo. A seguire un doppio panel dedicato alle storie d’impresa. Il primo ha visto le testimonianze di Giulia Carpi del Centro Lombricoltura Toscano, che produce un fertilizzante basato sull’allevamento dei lombrichi, e di Marco Il Grande di Pontarolo Engineering, che offre soluzioni di edilizia orientate alla costruzione di città resilienti. Ospiti del terzo panel Enrico Federici di Gea Greentech, che offre all’agricoltore un’alternativa ecosostenibile e libera da prodotti di sintesi per la gestione delle proprie colture, Luca Truant di Agabuna, che realizza sistemi centralizzati per il monitoraggio ambientale delle colture in serra e in campo, e Paola Iannace di Ambra Elettronica, che realizza sistemi di illuminazione led per il settore dell’orticoltura.

«Innovazione non è solo aggiungere novità, ma cercare di semplificare: la parola d’ordine è semplificazione – spiega Luca Rossi di Gesag -, Oggi le aziende sono piene di dati ma non sanno come usarli: il nostro obiettivo è dare uno strumento all’imprenditore agricolo per decifrarli, usarli per prendere decisioni ed essere competitivo sul mercato. I sistemi informatici devono entrare a diretto contatto con il fattore umano, e quindi con l’attività produttiva».

«La certificazione può essere uno strumento per creare innovazione – sottolinea Stefano Rossi di Bioagricert -, l’ampliamento delle certificazioni significa evolversi, migliorare, fare in modo che la biodiversità non sia solo uno slogan, ma il vero rispetto per l’ambiente. Siamo per l’innovazione per i fruitori, che siano liberi di godere della natura in piena tranquillità».

«Il sistema digerente del lombrico seleziona i componenti più importanti e produce un prodotto liquido ad altissimo potenziale – sottolinea Giulia Carpi del Centro Lombricoltura Toscano –, molto più efficace rispetto al classico prodotto solido. Migliora l’apparato radicale e ha un valore strutturale molto alto, ha un’azione efficace e duratura in tutto il ciclo di coltura. La nostra azienda In Italia è senz’altro una delle prime, certificata e standardizzata, nel rispetto della biodiversità. Il prodotto è vitale, composto microrganismi vivi: efficace come i fermenti lattici per il nostro organismo».

«Nei viali alberati delle nostre città il principale problema sono le radici che affiorano, sia per i cittadini che per la pianta: affiorano perché la pianta non sta “bevendo bene” – spiega Marco Il Grande di Pontarolo Engineering -. Gli alberi cadono perché non vivono bene, a causa dell’asfalto le radici si ancorano bene al terreno, che non è ossigenato a sufficienza: la pianta non è sana e i cambiamenti climatici contribuiscono a peggiorare il problema. La soluzione attuale è il drastico taglio degli alberi. La nostra soluzione è creare una struttura a cupole: delle cavità ventilate, che scaricano il peso del traffico nei tubi di cemento armato installati e nello strato compattato di ghiaia. Il resto è terreno non compattato, dove la pianta cresce sana, le radici sono ben piantate e non c’è il rischio di caduta».

«Il futuro del nostro pianeta deve partire dalla riduzione dell’uso dei prodotti di sintesi – spiega Enrico Federici di Gea Greentech -: la soluzione è usare prodotti naturali, che studiamo e produciamo per rendere l’agricoltura sostenibile. Lavoriamo con microrganismi, formati da batteri lattici e  lieviti, che vengono sparsi nei terreni e hanno varie utilizzi: non vanno in conflitto tra loro e hanno effetti benefici sulle piante: fissano l’azoto atmosferico e aiutano la crescita, controllano le patologie del suolo, che avviene stimolando le radici, e aiutando la pianta a reagire alle possibili minacce. Innovazione? i microrganismi permettono un miglioramento dell’ecosistema, diminuendo drasticamente il bisogno di prodotti di sintesi».

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