Emorragia di imprese artigiane venete, 629 in meno in un semestre

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Nonostante una leggera ripresa nel secondo trimestre, non si ferma l’emorragia di imprese artigiane presenti in Veneto, dove si sono contate 629 unità in meno nei primi 6 mesi del 2019. Al 30 giugno scorso, il numero complessivo si è attestato a quota 126.112.

Ad eccezione del Trentino Alto Adige, in tutte le altre regioni italiane il saldo dei primi 6 mesi è stato negativo. Solo la Sicilia e l’Emilia Romagna hanno comunque registrato un risultato peggiore al nostro. A livello provinciale, nel Veneto è stata la provincia di Vicenza a segnare la contrazione del saldo in valore assoluto più marcata (-218). Seguono Verona (- 117) e Padova (-99). L’unico territorio a registrare un risultato positivo è stata la provincia di Venezia (+3). È quanto emerge da una ricerca dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre.

«La crisi, il calo dei consumi, le tasse, la mancanza di credito e l’impennata degli affitti – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – sono le cause che hanno costretto molti artigiani a cessare l’attività. E per rilanciare questo settore è necessario, oltre ad abbassare le imposte e ad alleggerire il peso della burocrazia, rivalutare il lavoro manuale. Negli ultimi 40 anni c’è stata una svalutazione culturale che è stata spaventosa. L’artigianato è stato dipinto come un mondo residuale, destinato al declino e per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese».

«E nonostante la crisi e i problemi generali che assillano l’artigianato – prosegue il segretario Renato Mason – non sono pochi gli imprenditori di questo settore che segnalano la difficoltà a trovare personale disposto ad avvicinarsi a questo mondo. Soprattutto al Nord, si fatica a reperire nel mercato del lavoro giovani disposti a fare gli autisti di mezzi pesanti, i conduttori di macchine a controllo numerico, i tornitori, i fresatori, i verniciatori e i battilamiera. Senza contare che nel mondo dell’edilizia è sempre più difficile reperire carpentieri, posatori e lattonieri. Più in generale, comunque, l’artigiano di domani sarà colui che vincerà la sfida della tecnologia per rilanciare anche i “vecchi saperi”. Alla base di tutto, comunque, rimarrà il saper fare che è il vero motore della nostra eccellenza manifatturiera».

Una ulteriore “stangata” al mondo dell’artigianato potrebbe arrivare il prossimo 1° gennaio. Se non si disinnescherà l’aumento dell’Iva, l’innalzamento di 3 punti percentuali sia dell’aliquota ordinaria che di quella ridotta rischia di provocare degli effetti molto negativi sul fatturato di queste attività che, ricorda la CGIA, vivono quasi esclusivamente dei consumi delle famiglie.

L’emorragia delle imprese artigiane viene comunque da lontano. Se nell’ultimo anno (2018 su 2017) lo stock complessivo presente in Veneto è sceso di 1.763 unità (-1,4 per cento), negli ultimi 10 anni, invece, la contrazione è stata pesantissima: -16.589 attività (-11,6 per cento). Una caduta che non ha registrato soluzioni di continuità in tutto l’arco temporale analizzato (2018-2009). Al 31 dicembre scorso, invece, il numero totale delle imprese artigiane attive in Veneto si è attestato a 126.741 unità. I settori più penalizzati dalla crisi sono stati l’autotrasporto, la manifattura (metalmeccanici e legno) e l’edilizia.

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