Pensione di cittadinanza, Cisl critica: «Aiuta solo il 2,3% dei bisognosi»

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La pensione di cittadinanza arriva a 5.898 nuclei famigliari in Veneto, con 6.425 persone coinvolte e un importo medio mensile di 177,75 euro. A rivelarlo è un report diffuso dall’Inps che raccoglie i dati da marzo a luglio 2019, primi mesi di applicazione del reddito e della pensione di cittadinanza.

Vanna Giantin (nella foto), segretaria generale della Fnp veneta, il sindacato dei pensionati della Cisl, non usa mezze misure per bocciare il provvedimento: «È un pannicello caldo, serve la riforma fiscale e diritti ampliati». Il motivo è che, dati alla mano, il sindacato ha calcolato che il provvedimento va a beneficio del 2,3% degli anziani bisognosi.

«La pensione di cittadinanza ha raggiunto anziani che vivono da soli, per la maggior parte vedove, che sono sulla soglia della povertà» afferma Giantin. Un dato di per sé positivo, per la Cisl, se non fosse che a usufruirne sono in pochi. Incrociando il dato delle persone con un reddito inferiore ai 780 euro mensili – la platea a cui negli annunci del governo si rivolgevano il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza – con la no tax area per i pensionati fino a 7.500 euro, in questi parametri economici rientrano 281 mila 437 pensionati veneti, calcola il sindacato.

Data questa platea potenziale, gli effettivi beneficiari del provvedimento rappresentano il 2,3%, arrotondato per eccesso. «È una dispersione di risorse – continua Giantin -. Quello che serve agli italiani e in particolar modo ai pensionati è una riforma fiscale vera, strutturale e nel segno nell’equità. Partiamo con l’ampliare i diritti fiscali agli incapienti. Per molti anziani i costi sanitari costituiscono una voce di spesa importante, che a volte prosciuga l’intero reddito. Ma chi è nella no tax area non li può detrarre: è un’ingiustizia che denunciamo da tempo».

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