Confindustria Vicenza, affondo su Di Maio: «Minaccia per il lavoro»
«Una minaccia per il lavoro di centinaia di migliaia di persone». La tocca piano il presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi, parlando del ministro del Lavoro Luigi Di Maio. Le ultime uscite del leader 5 stelle su Tav, autonomia, Ilva e Alitalia non sono piaciute al numero uno degli imprenditori vicentini. Ecco il suo intervento integrale.
«Il Ministro dello Sviluppo Economico vuole la desertificazione industriale dell’Italia? Ebbene, ci sta riuscendo benissimo. Allora abbia il coraggio di dirlo in faccia agli imprenditori del Nordest qui a Vicenza e non solo negli studi televisivi della TV di Stato. Lo abbiamo invitato, diverse settimane fa, alla nostra Assemblea generale del prossimo settembre e come da suo stile – successe anche lo scorso anno – non si è nemmeno degnato di rispondere. Ora che si è dimostrato ancora una volta una minaccia per il lavoro di centinaia di migliaia di persone, lo invitiamo pubblicamente a dirci cosa ha intenzione di fare della politica industriale del secondo paese manifatturiero d’Europa così noi imprenditori italiani, senza contare i numerosi stranieri che credono nelle nostre capacità e nel nostro eccezionale ‘saper fare’ e investono i miliardi qui, capiamo se possiamo puntare sul nostro amato Paese o meno.
Il punto è che questo si sta rivelando sempre più come il Governo della ‘non fiducia’. Un grande Gruppo straniero viene ad investire e risanare Taranto e si cambiano le carte in tavola da un giorno all’altro; un grande Gruppo italiano quotato ha una procedura in corso e il Vicepremier ne preannuncia l’esito, chissà poi da quale pulpito, definendo inoltre inopinatamente decotta l’azienda, peraltro a Borse aperte; oltre 5 milioni di veneti e lombardi votano, 1 anno e 8 mesi fa, non l’altro ieri, per l’Autonomia e la loro democratica aspettativa di veder rispettati i propri diritti, senza contare il rispetto per il lavoro dell’ottima ministro Stefani, viene frustrata da un balletto di rimandi che serve solo a non decidere, a prendere in giro le persone che hanno votato e a tutelare alcune conventicole che vivono protette da una politica vecchia di cui davvero non ne possiamo più. Il ‘cambiamento’ è uno slogan del passato, quello sì davvero decotto».