Capodoglio spiaggiato in Sardegna: UniPd studia se l'ha ucciso la plastica

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Il capodoglio spiaggiato in Sardegna con il corpo pieno di plastica, che in questi giorni ha riportato l’interesse nazionale sul tema ecologia, è stato trasportato all’Università di Padova per accertarne le cause di morte. In pochissimo tempo la notizia ha fatto il giro del mondo. Il cetaceo, lungo 8 metri, è stato trovato lo scorso 28 marzo nella costa nord-est dell’isola.

Segnalato all’ufficio locale marittimo di Porto Cervo, è stato recuperato e trasportato ad Arzachena, in Gallura, dove le prime analisi hanno fatto emergere particolari impressionati: nella pancia del capodoglio c’erano non solo un feto ormai pronto a nascere, ma anche un impressionante mole di ben 22 chili di plastica.

Nel corpo senza vita sono state trovate decine di buste per la spesa, piatti usa e getta, lenze, teli e una rete da pesca aggrovigliata. La notte di sabato 30 marzo l’animale è stato caricato sull’apposito mezzo autorizzato al trasporto, e nella mattinata di domenica è arrivato ad Agripolis, sede dell’Università di Padova a Legnaro.

Sandro Mazzariol, professore di anatomia patologica veterinaria all’Università di Padova e uno dei massimi esperti al mondo nella salvaguardia delle balene, coordinerà gli studi sul cetaceo con la sua equipe. Nel 2017, Mazzariol è stato eletto a capo dello Stranding Work Group, uno dei gruppi chiave per la Commissione baleniera internazionale, costola delle Nazioni unite che si occupa della salvaguardia delle balene.

Due mesi per capire come è morto il capodoglio

«I tempi tecnici per studiare l’animale e le cause del decesso saranno piuttosto lunghi, diciamo un paio di mesi – spiega il professore al Mattino di Padova -. Al momento le analisi sono appena iniziate e non sappiamo ancora molto. Posso confermare che è una femmina e che era gravida, il feto era lungo circa due metri e mezzo e la gestazione volgeva al termine».

Dettaglio che fa supporre la zona del ritrovamento, che rientra nel Pelagos, un’area tra Francia e Italia, che comprende la costa nord della Sardegna, una sorta di “reparto maternità” per cetacei. «Lì – conclude Mazzariol -, vivono spesso gruppi di madri con i piccoli. A suscitare scalpore è stato il fatto della plastica, ma non deve stupirci più di tanto. Certo 22 chilogrammi iniziano ad essere una quantità importante: al momento non possiamo dire che sia stata la causa della morte, ma un ruolo sicuramente l’ha avuto».

Giacomo Porra

Foto: Sea Me Sardinia Onlus 

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