Medicina, Rizzuto rilancia: «Tre mesi di corsi per preparare test d'ingresso»

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Non sarà la soluzione ad una situazione sulla quale «si sarebbe dovuto intervenire da tempo», come ha ricordato agli onorevoli della Commissione Cultura della Camera dei Deputati. Ma il rettore dell’Università di Padova, Rosario Rizzuto, non ha smentito la sua fama di persona pragmatica e analitica arrivando in commissione con una proposta. «C’è bisogno quindi di allargare i numeri di ingresso. Io ho chiesto pubblicamente, durante l’inaugurazione dell’anno accademico, di ottenere dal ministero un aumento del 20% di posti in più già da ora – ha detto Rizzuto –  Come li selezioniamo? Un test che precede l’università rischia di essere di grande preoccupazione per i nostri studenti e un’area grigia nella quale lo studente rischia di essere abbandonato a se stesso. Potremmo immaginare che subito dopo gli esami di maturità siano le Università a farsi carico di un trimestre di formazione già universitario, nel quale gli studenti inizino a studiare le materie della professione medica, non solo quelle di base su cui oggi sono concentrati i test, ma anche quelle professionalizzanti e caratterizzanti la professione. La selezione avverrebbe quindi al termine di questi tre mesi con un esame, interamente universitario, sulla base di quei numeri che sono stati programmati a monte. Un trimestre penso sia il tempo ideale per gli studenti che, qualora non superassero il test, intendono iscriversi all’università, hanno la libertà di scegliere loro quale futuro professionale avere».

Il rettore dell’Ateneo patavino (2998 candidati  a fronte di 320 posti quest’anno) ha ricordato ancora l’urgenza di ripensare l’intera filiera. Non solo in entrata, ma in uscita. «C’è un collo di bottiglia che non dobbiamo dimenticare: le Scuole di specialità. Per poter lavorare in ospedale un neolaureato deve specializzarsi, mentre per diventare medico di base è tenuto a frequentare i tre anni di relativa scuola. Ma se a fronte di 10mila laureati l’anno ci sono 6700 posti nelle Scuole di specialità, il sistema produce oltre tremila potenziali medici che restano invece nel limbo, senza alcuno sbocco. E vengono spesso reclutati da altri Paesi europei, perché sono ben preparati e all’estero guadagnano di più. Quindi noi investiamo nella formazione della classe medica, che in parte non resta in Italia, aggravando il problema: non solo creiamo meno professionisti di quelli necessari, ma ne perdiamo pure una buona fetta».

(foto Massimo Pistore)

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