C'è il decreto Dignità? La domanda di lavoro a termine crolla del 7%

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Se domani entrasse in vigore così come è stato illustrato dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio, il decreto Dignità cancellerebbe il 7% della domanda di lavoro a termine espressa dal Veneto, mentre il 17% di tale domanda sarebbe soddisfatta solo con l’introduzione della causale obbligatoria e con un aumento dei costi. È questo in sintesi il quadro che emerge dallo studio di Veneto Lavoro sull’impatto del decreto Dignità, che riguarda i contratti a tempo determinato e di somministrazione (esclusi gli operai agricoli e la pubblica amministrazione) e fissa quattro modifiche: reintroduzione della causale obbligatoria dal tredicesimo mese di contratto, riduzione della durata contrattuale massima da 36 mesi a 24, riduzione delle proroghe ammissibili da 5 a 4 (da 6 a 5 per le agenzie di somminsitrazione) e aumento del contributo addizionale per ciascun rinnovo (+0,5 punti).

Causali, costi e inibizioni

Per quanto riguarda i contratti a tempo determinato, nel 2017 le coppie lavoratore-impresa attive sono state 500 mila e hanno realizzato 71,6 milioni di giornate lavorative. Dalle proiezioni emerge che il 22% della domanda rimarrebbe escluso dalle modifiche del decreto Dignità perché riguarda gli operai agricoli e la pubblica amministrazione, e che il 45% non avrebbe subito variazioni in quanto di durata inferiore a un anno. Dal restante 33% va tolta una piccola quota di lavori stagionali; resta il fatto che i contratti superiori a un anno (17%) dovrebbero mettersi in regola e che quelli superiori ai 24 mesi (7%) verrebbero inibiti.

Discorso simile per i contratti di somministrazione (120 mila coppie e 13,5 milioni di giornate lavorative): nessuna variazione per il 57% della domanda, qualche correttivo per il 25%, inibizione per il 18%. E di fronte a questa situazione, secondo Veneto Lavoro, le aziende hanno solo due opzioni: ridurre la domanda di lavoro a termine o aumentare il turnover.

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