«Giornalismo, un'impresa», l'indagine che monitora il legame fra imprenditoria e comunicatori

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C’è chi ci prova. Per necessità o per scelta, poco importa. Ma è un fatto che anche in Italia un numero sempre più ampio di giornalisti sta percorrendo la strada del fare impresa, trasformando quella che è sempre stata una professione vissuta in condizioni di dipendenza (legale o di fatto) da un editore in una attività di libera iniziativa. Una tendenza in crescita anche nel Nord Est: non è un caso che di recente l’Ordine dei Giornalisti del Veneto abbia rimarcato la possibilità di iscrizione all’Albo anche per le società di professionisti, introdotta dal Consiglio nazionale.

Il tema è al centro di Giornalismo, un’impresa , una indagine di Ona Italia, la sezione nazionale della maggiore associazione di giornalisti online del mondo, che intende così individuare, mappare, analizzare le iniziative imprenditoriali create da giornalisti in Italia. Il questionario online, che tutti i “giornalisti-imprenditori” sono invitati a compilare, è il punto di partenza di una mappatura che serve a capire meglio un fenomeno reale, ma ancora poco misurato.

Ona Italia ha pensato ai giornalisti-imprenditori come a «coloro che organizzano i mezzi di produzione creando beni e servizi giornalistici, sostenendone i rischi economici e creando nuovo lavoro». Ma la definizione più appropriata e definitiva la forniranno probabilmente le risposte all’indagine, già lanciata a Varese, in occasione di Glocal 16, e i cui primi esiti saranno presentati al Festival del giornalismo di Perugia.

L’iniziativa intende crescere nel tempo, raccogliendo dati e informazioni che potranno via via essere aggiornate e intende stimolare soprattutto domande, più che dare risposte. Ad esempio, se il giornalista che sviluppa una propria idea di business debba essere più imprenditore o più professionista. O se tante imprese neonate abbiano un futuro di sostenibilità a medio-lungo termine (la devono avere per forza o possono anche avere cicli di vita più brevi, purché positivi?).

Certo, i dati dell’indagine di Lsdi sullo stato della professione giornalistica in Italia inducono prudenza. La crisi continua ed è ancora lontano il giorno in cui i giornalisti avranno di nuovo forza di interlocuzione in un mercato dell’editoria che paga sempre meno il lavoro giornalistico. Tuttavia non mancano segnali di un fenomeno nuovo. Scoprirli e valutarli significa, forse, interpretare un pezzo del futuro dell’informazione.

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