Dalla crisi alla rinascita: la storia della Gasparini di Istrana

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Meno produzione, ma più utili. E come? Puntando sul valore aggiunto della qualità e della forte personalizzazione delle macchine prodotte: in altre parole, un lordo inferiore ma un guadagno maggiore. È il teorema che ha segnato la svolta decisiva per un’azienda storica del Trevigiano. Leader nella produzione di attrezzature per la lavorazione della lamiera, la Gasparini di Istrana era finita 7 anni fa nel vortice di una procedura fallimentare che stava azzerando quasi mezzo secolo di storia industriale tipicamente veneta.

Questa azienda, che si affaccia sulla zona industriale a due passi dal centro, non dice nulla al grande pubblico. Ma tra i suoi 2.780 clienti storici si contano marchi che dicono tutto: dal settore automobilistico come Fiat e Iveco, all’arredamento domestico come Franke o Arneg; dall’elettronica di consumo come Beghelli ad aziende petrolifere come Chevron, movimentazione terra, lavorazione del marmo, infissi, aeronautica e cantieristica navale come Alitalia e Fincantieri. Non c’è praticamente azienda, che abbia a che fare con la lavorazione dei metalli, che non conosca una pressa piegatrice o una cesoia per lamiera prodotte nei 10 mila metri quadrati di stabilimento di Istrana.

 

Finita in amministrazione controllata nel 2009, la Gasparini Spa è stata rilevata nel marzo del 2010 dalla famiglia Guderzo, titolari della Volteco di Ponzano, che opera in tutt’altro settore, perché produce impermeabilizzanti per l’edilizia: «Non avevamo nessuna esperienza nel settore,  ma a papà Marco piacciono le sfide», racconta Andrea Guderzo, trentenne, laurea in Economia a Udine, in Gasparini Industries Srl dal 2013 e direttore vendite l’anno successivo.

Marco Guderzo aveva visto giusto. Le basi per una rinascita c’erano davvero: prima del fallimento, la Gasparini Spa aveva fatturato nel 2008 42 milioni di euro, con 160 dipendenti e un’ottima reputazione nel mercato della piegatura dei metalli, con 8 mila macchine installate in tutto il mondo. Ma la partenza della nuova gestione non è stata indolore. I dipendenti sono scesi a poco più di 40, parte degli uffici sono stati affittati ad altra azienda, è stata rincorsa faticosamente la clientela storica che nel frattempo si era rivolta ad altri fornitori. E allora che fare?

«Per prima cosa – spiega il giovane direttore vendite – abbiamo coinvolto tutte le persone che hanno sempre fatto parte di questa famiglia, per pensare insieme a come raggiungere gli obiettivi che c’eravamo imposti». Gli obiettivi sono quelli che dovrebbe avere qualsiasi azienda: costruire una realtà solida, motivare profondamente il lavoro dei dipendenti, investire sulla comunicazione e la formazione del personale, caratterizzare fortemente la produzione, diventare assolutamente affidabili per la propria clientela. E così hanno smesso di fare tanti prodotti generalisti, per decidere di puntare solo su due piattaforme di prodotto: presse piegatrici e cesoie idrauliche, per adattarle alle esigenze del cliente. Insomma, prodotti su misura ad alto valore aggiunto.

Risultato: nel 2015 il fatturato è sceso a 4 milioni e mezzo, ma sono decisamente aumentati gli utili. In questi primi 4 mesi dell’anno hanno prodotto il 90 per cento del budget 2016, con la previsione di chiudere il bilancio oltre i 5 milioni e 700 mila euro. E poi, investimenti in ricerca e sviluppo, che pesano per oltre il 10 per cento sul bilancio. I loro prodotti finiscono per il 40 per cento in Italia e per il 60 per cento all’estero. Hanno trasformato la rete di vendita, puntando su di una clientela nuova, concentrata prevalentemente in Europa, ma anche in Sud America, Taiwan, India e Cina. Strategie esterne, ma anche operazioni interne, puntando sul Tech Center: un team altamente specializzato e un know how consolidato in continua evoluzione. Discutono con il cliente del progetto, prestando particolare attenzione all’analisi, per realizzare soluzioni tecnologiche che si adattano a specifiche esigenze. Insomma, qualità e personalizzazione estrema delle macchine prodotte.

L’organizzazione interna è ispirata al sistema Kaizen “inventato” dalla Toyota: piccoli ma costanti miglioramenti quotidiani, mantenendo i risultati raggiunti e migliorando quello che ancora non funziona come dovrebbe. È il nuovo profilo del miracolo del Nordest: affrontare i nodi della congiuntura internazionale con soluzioni imprenditoriali coraggiose e innovative.

Alberto Feltrin

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